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Godel: Matematica coerente ma incompleta.

Vogliamo valutare se questa frase è vera. “Questa affermazione non può essere dimostrata“.

  1.  Se ritengo che essa sia  vera, significa che essa non può essere dimostrata, cioè che non può essere verificata;
  2.  Se ritengo che essa non sia vera, significa che essa può essere dimostrata, cioè che può essere verificata;

Nel caso 1 la frase è vera ma non può essere verificata; nel caso 2) la frase non è vera ma può essere verificata. In entrambi i casi comunque essa è sia vera che falsa.

Analogamente,  “Questa frase è falsa”  :  1 Se ritengo che sia vera significa che è falsa; 2) Se ritengo che non sia vera significa che non è falsa.

Indecidibilità. Queste frasi/formule sono indecidibili, cioè non si può decidere se sono vere o false. Ossia non si può dimostrare nè che la frase-formula (φ) sia vera, né che sia non vera (¬φ).  Si noti che queste frasi sono autoreferenziali, cioè si riferiscono a se stesse. Una teoria matematica si ritiene tale se è sufficientemente espressiva, auto-referenziale e in grado di rappresentare funzioni ricorsive, ovvero se permette di definire i numeri naturali (1, 2, 3, …).

Teoria completa. Una teoria T si definisce completa se è possibile in T dimostrare o confutare formalmente qualsiasi enunciato nel linguaggio della teoria, ovvero se per ogni formula φ è possibile o dimostrare φ   o dimostrare il suo contrario ¬φ. In essa cioè non esistono formule indecidibili.                                                                         Viceversa una teoria T si definisce incompleta se esiste una formula φ  che non è possibile dimostrare o  dimostrare il suo contrario ¬φ. Cioè se al suo interno esistono formule indecidibili ( autoreferenziali).

Teoria coerente (consistente). Una teoria si definisce coerente se in essa è  impossibile dimostrare una contraddizione, (cioè non è possibile dimostrare  che una formula φ sia vera e che sia vera la sua negazione (¬φ). Viceversa una teoria è incoerente se al suo interno è possibile dimostrare una formula contraddittoria, ossia non esiste una formula φ  indecidibile. Ovvero esiste una formula φ per cui è possibile dimostrare tale formula φ e la sua negazione ¬φ.

Primo teorema di incompletezza di Gödel. Come detto sopra, in ogni teoria matematica coerente T è sempre possibile definire una formula logica φ indecidibile,  ossia è sempre possibile definire una formula che non può essere né dimostrata né confutata al suo interno. (La teoria è incompleta in quanto non riesce ha dimostrare una formula  indecidibile). 

Dal fatto che in una teoria coerente-consistente esiste almeno una formula  indecidibile, si dimostra il  Secondo teorema di incompletezza di Gödel:     Nessun sistema coerente (essendo incompleto), può dimostrare la sua stessa coerenza.

Si giunge cioè al risultato sconcertante che ogni teoria matematica coerente è incompleta  e non è autoconsistente, (non può dimostrare la propria consistenza).        In altre parole si dimostra matematicamente che essa riconosce i propri limiti.

Da wikipedia: Il primo teorema di incompletezza di Gödel dimostra che qualsiasi sistema che permette di definire i numeri naturali è necessariamente incompleto: esso contiene cioè affermazioni di cui non si può dimostrare né la verità né la falsità.

Ciò che Gödel ha mostrato è che, in molti casi importanti, come nella teoria dei numeri, nella teoria degli insiemi o nell’analisi matematica, non è mai possibile giungere a definire la lista completa degli assiomi che permetta di dimostrare tutte le verità. Ogni volta che si aggiunge un enunciato all’insieme degli assiomi, ci sarà sempre un altro enunciato non incluso.

Consideriamo ad esempio la geometria euclidea composta da 5 assiomi (a proposito si è dimostrato che sono necessari 21 e non 5 assiomi per la nostra geometria euclidea), essa è coerente ma è incompleta in quanto si possono aggiungere altri assiomi.  Se si elimina un assioma, ad esempio il postulato delle parallele,  si ottiene un’altro sistema incompleto ma coerente  (nel senso che il sistema non dimostra tutte le proposizioni vere). L’essere incompleto significa che esso non include tutti gli assiomi necessari a caratterizzare un specifico modello, ma a caratterizzare più modelli (geometria euclidea e geometrie non euclidee).

 

La trasformata di Legendre

Considerati i punti di una funzione f(x) la trasformata di Legendre g(p) può essere rappresentata come i valori cambiati di segno delle intercette sull’asse y  delle  rette tangenti (inviluppo) alla funzione (curva) f(x) con pendenze p= f’(x)

                         g(p)= max( p*x –f(x))    (1)


legendre(1)In figura la tangente alla f(x)= x2+1 nel punto (0,7; 1,49)  ha pendenza p= f’(0,7) = 2*x = 1,4 e intercetta l’asse y nel punto g(p) = f(xi) – p*xi = 1,49- 1,4*0,7 =0,51.  Sono riportate, in fuxia, altre tangenti  alla f(x)  che intercettano l’asse y in altri punti g(p) e in blu d(g(p))tratteggiata la curva g(p)  . 

La trasformata di Legendre può essere, altresì, definita: Dato un punto f(xs) della curva e considerato il fascio di rette parallele    y(k)= p*x +k    di pendenza    p= f’ (xs), quella che è tangente alla curva deve avere k = f(xs)-p*xs , cioè deve intersecare l’asse y in -g(p). In figura il fascio di rette è:  y(k) = p*x – k  La retta tangente si ha per k = f(xs)-p*xs= 1,25 – 1*0,5 = 0,75 = g(p). 

La trasformata di Legendre è una involuzione cioè se applicata due volte dà il valore originario (ad esempio se si inverte due volte un numero razionale si ottiene il numero di partenza).

Si osserva che se si deriva rispetto alla variabile p la (1):        g(p)= x*p -f(x)     si ricava    x  =  d(g(p))/d(p)   (2)    ricordando che p = f’  si  può scrivere   x  =  d(g(p))/d(f’)   (2a).  Si fa osservare dalla (2a) che, con la trasformata g(p) della funzione f(x), nella derivata  f’ = df(x)/dx,  si inverte la x con la f’ (= p) .         

Vediamo di ricavare la g(p) mediante la (1).

Consideriamo f(x) descritta con il monomio:    f(x) =α*xn  ,  calcoliamo           p = f’(x)  →     p = α*n*xn-1   il differenziale  è: dp = α*(n-1)*n*xn-2*dx    →  x*dp = α*(n-1)*n*xn-1*dx     per la (1)     dg(p) =  x(p)*dp      →     dg(p)  =   α*(n-1)*n*xn-1*dx  =    d(α*(n-1)* xn)     quindi       g(p) = α*(n-1)*xn-1*x  =  α*n*xn-1*x – α*xn  =  p*x –f.                                        La funzione che verifica la (1) è  quindi:  g(p) = p*x-f(x).

Esempio: Consideriamo la funzione in figura f(x)= x2 +1    da cui       g(p) = p*x- x2 -1    il minimo si ha per      g’(p)= p – 2*x = 0     ossia   per     x(p) = p/2        f(p)= p2/4+1.     Se x=0,5 ,    p(0,5) = 1 ,   g(0,5) = 1*0,5- 0,52 -1 = – 0,75.

In analisi funzionale, si ricorda che la Lagrangiana esprime l’energia totale del sistema  L(qi,t) =T – V  (con T E.cinetica e V E.potenziale) mediante le coordinate q(xi,t),  l’hamiltoniana H invece esprime l’energia totale del sistema con le derivate q’ delle coordinate lagrangiane, ossia H(qi‘,t). Cioè l’hamiltoniana  H  costituisce la trasformata di Legendre della lagrangiana  L del sistema:   p = dL/dq’     se si inverte p con q’  si ha:    q = dH/dp’  con la trasformata H = p*q’ – L.

Legge oraria e … polinomio di Taylor

Polinomi. Se di una funzione y = f(x)  conosciamo n punti (x1, y1);  (x2, y2); …( xn, yn), la funzione più semplice che approssima la f(x) è il polinomio di grado n-1:         Pn-1(x) = a0 + a1x + a2x2 + … + an-1xn-1   che passa per tali punti. Ad esempio, se si conoscono 2 punti si può scrivere il polinomio di grado 2-1 (equazione della retta) ed imporre la condizione che passi per tali  punti, cioè  il sistema di 2 equazioni con 2 incognite:

  • a0 + a1 x1 = y1
  • a0 + a1 x2 = y2

 Trovati i valori delle incognite a0, a1, si può scrivere l’equazione della retta ossia il polinomio di 1° grado P1(x) :  y = a0 + a1x    (1) .

Se si conoscono n+1 punti possiamo scrivere un sistema di n+1 equazioni con n+1 incognite, calcolare le: a0, a1, … an e quindi :        Pn(x) = a0 + a1x + … +anx      (2)          Più punti della funzione  y = f(x) si conoscono migliore è l’approssimazione del polinomio alla suddetta funzione.

Rappresentiamo,  adesso, in figura gli addendi del polinomio P2(x) = a0 + a1x + a2x2  (si limita lo studio al polinomio di 2° per brevità di esposizione). I coefficienti ai  hanno un  significato fisico? Consideriamo l’Area del Polinomio (ossia l’area sottesa dal Polinomio tra 0 e x),  il 1° addendo delimita un rettangolo di area A1= x*a0; il 2° addendo un triangolo di area :     A2= x* a1*x/2, il 3° addendo una parabola di area A3= x*a2*x2/3.   L’area  totale è:    A(x) = (a0+a1*x/2+a2*x2/3)*x.

Legge oraria. Se diamo alla funzione polinomiale il significato fisico della funzione accelerazione a(t) = P(t) si vuole  calcolare lo spazio percorso da un punto nel tempo t.  In figura (a) è rappresentata la funzione accelerazione    a(t)= ao+a1*t.    Posto t = t1 – t0 , l’area sottesa da  a(t) con l’asse t  dà  la velocità   v(t) = v2 +v3 = ao *t+ a1*t2/2     (3)   Polinom1

In figura (b) è rappresentata la funzione velocità v(t). L’area sottesa rappresenta lo spazio  s(t) = so+vo*t+ao/2!*t2+ a1/3!*t3     (4)   avendo indicato con so  il valore iniziale. Si evidenzia che: vo rappresenta la velocità v all’istante t= 0  vo= ds/dt= s’o;    ao    l’accelerazione all’istante t= 0 ao = d2s/dt2= s”o  …,  per cui la (4) può  essere riscritta con le derivate in un punto t, ossia come polinomio di Taylor :                                       s(t) = so+s’o*t1+s”o/2!*t+ s”’o/3!*t3   (4a)

Polinomio/Serie di Taylor. Tale serie, costituita appunto dai valori delle derivate della funzione f(x)  in un punto (continua e derivabile in un punto x), approssimano la funzione f(x):

       y(x) = y+y’ *(x – x0)+y’’/2!*(x – x0)2+ y’’’/3! *(x – x0)3 + …+ yn‘/n!*(x – x0)n    (4b)

Polinomio/Serie di McLaurin. Se scegliamo  x0=0  il suddetto polinomio diventa  di McLaurin:     y(x) =   y(0)+y’(x)*x+y’’(x)/2!*x2+ y’’’(x)/ 3!*x3+ …+ yn’(x)/ n!*xn    (4c)     

Esempio: Data la funzione y(x) = 2*x 2 + x  si vuole calcolare la Serie 
di Taylor  per x0=1.  
Si ha:  y(1) = 3,  y’(1) = 4*x +1 = 5, y"(1) = 4.
y (x) = y + y’*Δx+y"*Δx2/2 = 3+5*Δx+4*Δx2/2 = 3+5*Δx+2*Δx2 
Per x=2, Δx =x-x0= 1   P2(x=2) =  3+5*1+2*12 = 10.
Per x=3, Δx =x-x0= 2   P2(x=3) =  3+5*2+2*22 = 21.
 La Serie di McLaurin:  x0=0 ,  y(0) = 0,  y’(0) = 1,   y"(0) = 4  
 quindi y(x) = y(0)+y’(0)*x+y"(0)/2!*x2 = 0+1*x+4/2*x2  = 2*x2 + x.          

Altro metodo per trovare gli ai. Consideriamo il polinomio  Pn(x) = a0 + a1x + … +anxn    come la somma di n funzioni   yi(x) = aixi  con. Calcoliamo il coefficiente ai derivando la y(x) i volte: i’ = i!*ai      da cui si ricavano i coefficienti  ai = i’ /i!   della serie.

Nota: Se si eguagliano i termini della (2) e della (4b) si trovano i valori dei coefficienti aia0 =y, a1 =y’/1!, a2=y”/2!, … an=yn’/n!. Si osserva infatti che la derivata di ai*xi é: i*ai*xi-1 e che la derivata i-esima di ai*xi é : yi’ = i!*ai.