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Le Trasformazioni di Lorentz rappresentano la realtà?

Premessa

Le trasformazioni di Lorentz sono delle formule che legano le coordinate spazio-tempo (x,y,z,t) di un sistema inerziale ad un altro (x’,y’,z’,t’). Esse sono più estese e complesse delle trasformazioni di Galileo in quanto sono state create per essere valide (covarianti) anche per i fenomeni elettromagnetici come la luce.  Mi sono chiesto come sono state ricavate.

Calcolo delle trasformazioni  

Sul sito di  Youmath ho trovato la dimostrazione di dette trasformazioni.             Si considerano due sistemi di riferimento inerziali S ed S’ dove l’asse x’ di S’ scorre  lungo l’asse x di S  in moto con velocità costante v.  Si ipotizza che nell’istante iniziale t = t’= 0  le origini degli assi O e O’  coincidano.

Nella dimostrazione viene considerato un raggio di luce che all’istante t=t’=0 parte dall’origine dei due assi  O=O’. Nel sistema S dopo il tempo t il raggio raggiunge il punto P(x,y,z) distante    d = ct = (x2+y2+z2)1/2 ossia  (x2+y2+z2) = c2t2. Analoga equazione viene scritta per il punto P’(x’,y’,z’) cioè per il raggio di luce visto da S’ : (x’2+y’2+z’2) = c2t’2        in quanto, per il secondo postulato della relatività, per tutti i sistemi la velocità della luce è sempre c.

Mi sono soffermato a considerare il significato geometrico delle due equazioni:  Lorentz1

  1. La (x2+y2+z2) = c2t2 del sistema S rappresenta l’equazione di una sfera di centro nell’origine O e raggio r = ct  in espansione alla velocità della luce c;
  2. La (x’2+y’2+z’2) = c2t’2 del sistema S’ rappresenta  l’equazione di una sfera di centro nell’origine O’ e raggio r’ = ct’  in espansione alla velocità della luce c;

Cioè le origini degli assi O ed O’  pur essendo in moto fra loro vengono considerati i centri  delle due sfere di luce.  Ciò in contrasto con il Paradosso di De Sitter , il quale nel 1913 dimostra sperimentalmente che la velocità della luce non dipende dalla velocità della sorgente. In sostanza le due equazioni delle sfere non descrivono il comportamento della luce né fenomeni reali.

Ancora, nella dimostrazione del prof.  Boschetto si considerano due sistemi K e K’ aventi origini O e O’ e  il punto P’ per il sistema K’ corrispondente al punto P per il sistema K, dopo pochi passaggi  si trova  la formula:

                        O’P’ = x’* (1-β2)1/2                (3.1)

Dopo altri passaggi e considerazioni (che sinceramente non ho capito) si trova l’altra formula: OP = x’* (1-β2)1/2  che è uguale alla (3.1).            Partendo da questi dati, poiché   O’P’ = OP – OO’ = x – vt, ricavo semplicemente OO’= vt= 0, cioè che  i due sistemi K e K’ sono solidali e che le trasformazioni non trasformano niente.

In definitiva nelle due dimostrazioni delle trasformazioni di Lorentz  sopra riportate ho riscontrato delle contraddizioni e incongruenze.

La Relatività è sbagliata

La possibilità di descrivere le deformazioni dello Spazio e del Tempo senza le ipotesi relativistiche comporta un’interpretazione non  relativistica di tali deformazioni.

 

aberPremessa

Se ci troviamo su un treno o su una nave  e ci muoviamo da un punto all’altro possiamo definire la nostra posizione e velocità rispetto al treno o alla nave. Tali mezzi costituiscono i nostri sistemi di riferimento.

Se poi non avvertiamo alcuna forza che ci fa muovere rispetto a questi sistemi, possiamo ritenere che tali sistemi viaggino a velocità costante. Questi vengono allora chiamati sistema di riferimento inerziale.

Le leggi della meccanica che descrivono il moto dei corpi conservano la stessa forma qualunque sia la velocità del sistema. Tali leggi rimangono valide in tutti i sistemi  inerziali, cioè variano con essi e sono dette leggi covarianti.

Le Trasformazioni di Galileo sono delle formule che ci permettono di calcolare, nota la posizione e la velocità di un corpo in un sistema, la posizione e velocità rispetto  ad altri sistemi inerziali. Mediante tali trasformazioni le leggi della meccanica risultano applicabili (covarianti) in tutti i sistemi inerziali.

La velocita della luce (cioè del campo elettromagnetico) è una costante (invariante) in quanto dipende da due proprietà costanti  del vuoto e non varia con i sistemi di riferimento.

Le Trasformazioni di Lorentz contengono l’ipotesi del 2° postulato della Relatività Speciale (RS) e vengono considerate estensioni delle Trasformazioni di Galileo in quanto pretendono di rendere applicabili (covarianti) in tutti i sistemi inerziali, oltre alle leggi della meccanica, anche le leggi dell’elettromagnetismo.

La Relatività Speciale (RS) considera tutte le leggi fisiche covarianti per i sistemi inerziali. e utilizza le Trasformazioni di Lorentz e le seguenti ipotesi:

  1. le leggi fisiche sono le stesse (applicabili – covarianti) in tutti i sistemi inerziali;
  2. la velocità della luce nel vuoto ha sempre lo stesso valore in tutti i sistemi inerziali. 

La Teoria della Relatività Generale (TRG), altresì,  ipotizzando l’equivalenza  massa inerziale = massa gravitazionale considera un sistema accelerato equivalente ad un sistema  soggetto a  gravità. Essa ipotizza, in pratica, che non sia possibile distinguere un sistema accelerato  da un sistema soggetto a gravità, ossia che in un sistema in caduta libera non si possa percepire il moto accelerato.

In sostanza le due teorie, con  le loro rispettive ipotesi, considerano i suddetti sistemi (con i loro moti) indistinguibili e ricavano delle leggi fisiche covarianti, cioè valide sia per i sistemi inerziali che per i sistemi accelerati. Tale covarianza (applicabilità) delle leggi, tuttavia, per i motivi che verranno esposti a parere dello scrivente, contrasta con l’invarianza della velocità della luce.

In questo articolo per  determinare la velocità “reale” di un sistema senza utilizzare dei sistemi di riferimento.si impiega: 1. la proprietà  dell’indipendenza  della  velocità della luce dalla velocità della sorgente (mostrata da De Sitter);       2. il fenomeno dell’aberrazione della luce.      A riguardo si fa rilevare (vedi figura) che il campo elettrico di una carica in “moto” ha delle linee di forza aventi simmetria non radiali (aberrate).    L’asimmetria  (cioè l’aberrazione) del campo rivela il moto del sistema in quanto la velocità del campo, cioè della luce (per la proprietà 1.) non dipende dal moto della  carica=sistema.

Con tale articolo si confutano, in sostanza, i due postulati della TRS per definire: il sistema a riposo, la distanza invariante,  il triangolo delle velocità, in modo reale ossia non dipendenti dai sistemi di riferimento. Viene mostrato, inoltre, che la metrica di Schwarzschild (ricavata dall’intervallo invariante della RS) non è idonea a descrivere lo spazio-tempo in cui è presente la gravità.

Interpretare questi fenomeni da un punto di vista non relativistico può risultare difficile poiché si tende a ricadere, inconsapevolmente, su percorsi mentali noti. Si tende, cioè, a interpretare e ad affrontare il problema con la solita procedura. La RS è verificata da tanti fenomeni fisici ed esperimenti per cui quasi tutti i fisici, accettano ormai i due postulati della RS e non si sforzano più di trovare un’interpretazione reale (univoca) e non relativistica dei fenomeni. Sebbene diversi fisici hanno dimostrato che è possibile spiegare questi fenomeni con ipotesi diverse, si continua ad utilizzare la teoria relativistica che ha prodotti tanti paradossi. Ritengo necessario, a mio parere, avere una mente meno condizionata, più aperta a una interpretazione oggettiva di questi fenomeni.

Osserviamo che con sorgente ferma l’aberrazione risulta nulla così come l’effetto Doppler.  Cioè l’aberrazione e l’effetto Doppler sono aspetti diversi dello stesso fenomeno. Angolo di aberrazione e frequenza  Doppler, infatti, vengono calcolati entrambi mediante la velocità della luce e della sorgente.  In merito si richiamano gli articoli Critiche alla Relatività Speciale  e Spazio e tempo assoluti in cui sono analizzati (e messi  in relazione con i 2 postulati della RS)  i fenomeni fisici dove la luce compie percorsi di solo andata come l’aberrazione e l’effetto Doppler.

La Relatività sbagliata

Calcolo della velocità di un sistema tramite l’aberrazione della luce.

ARTICOLO.PDF

Premessa.

ll fenomeno  dell’aberrazione della luce, cioè la diversa posizione di un corpo/sorgente rispetto a quella reale, si verifica quando l’osservatore si muove su una direzione diversa da quella del raggio emesso dal corpo.[1] L’astronomo Bradley, studiando una stella, si accorse che per osservarla doveva variare l’inclinazione del telescopio al variare della velocità v della Terra attorno al Sole. La direzione di tale inclinazione durante l’anno descrive un’ellisse.  Egli rilevò una “variazione” dell’angolo di aberrazione φ = 20”,50.   Poiché 3600″ = 1° si ha φ = 20″,50 = 0,00569° e che tan(φ) = v/c      →   tan(0,00569°) ≈ 0,0009937 = v/c poiché c ≈ 300.000 km/s la  velocità “relativa” della Terra attorno al Sole  v ≈ 29.8 km/s.

Osservando la luce proveniente da due stelle, una in allontanamento ed una in avvicinamento al punto di osservazione De Sitter mostrò che la velocità di propagazione della luce non dipende dal moto della sorgente emittente cioè è una costante universale e rimane invariata [2]

Esperimento

Premesso quanto sopra e considerando la sorgente di luce S solidale al sistema O, si ritiene possibile calcolare la velocità del sistema O mediante le aberrazioni dei raggi emessi in diverse direzioni.

CerchioAberra

Supponiamo uno strumento costituito dalla Sorgente S, in moto verso C con velocità v sconosciuta, e da un lungo condotto solidale con O ed S. Se si emette da S un lampo di luce in direzione OA e inclinazione Φ il condotto in moto per essere attraversato dal lampo di luce OA deve essere inclinato di Φ+Ψ, dove l’aberrazione Ψ in uscita è:

tan Ψ = BC/AB = sin Φ/(c/v – cos Φ)      (1)

Nota: Se la luce  fosse in entrata (da A verso O)  Ψ’ sarebbe invece:

tan Ψ’ = sinΦ/(c/v+cosΦ) [3]     (1a)

In figura 1 è rappresentato il cerchio di aberrazione (con la velocità c uguale in tutte le direzioni), il percorso del lampo di luce  SA, la direzione di aberrazione AC, lo spostamento O-C dello strumento in moto con velocità v, il condotto in giallo rappresentato nel punto O e nel punto C. Il cerchio di aberrazione permette di calcolare graficamente per angolo Φ l’aberrazione Ψ. 

Risulta dalla figura che per Φ= 0 e Φ= π (direzione di OA e di OC uguali)  Ψ = 0. La direzione del moto OC costituisce, cioè,  un asse di simmetria per l’aberrazione. Non essendo nota la velocità v, cioè non essendo nota la distanza OC né in modulo né in direzione, occorre fissare come origine degli angoli una direzione arbitraria α (che verrà calcolata in seguito) e porre Φ’=  Φ+α. Emettiamo n raggi nelle diverse direzioni  0<Φ’n< 2π e, inclinando adeguatamente il condotto, misuriamo i relativi angoli di aberrazione Ψ(Φ’n) così da ricavare la curva Ψ.

Per definire l’angolo α ricordiamo che l’aberrazione Ψ(Φ) è simmetrica rispetto alla direzione OC la quale è ruotata di α, per cui deve essere: Ψ1 (α) = Ψ2 (π+α) = 0.  Ossia l’angolo α è quella inclinazione del raggio con aberrazione nulla. In figura le 2 estremità α ed α+π del segmento (blu) indicano i 2 valori nulli di Ψ.

Figura 2GraficAberra

In figura 2, come esempio, viene riportata la curva di aberrazione  (1)  e in tratteggio la curva di aberrazione (1a) ipotizzando v = c/2 ed  α= 0,5.

Trovata la direzione del moto OC che forma con la direzione fissata l’angolo α per calcolare il modulo della velocità conviene scegliere, tra le coppie di Ψ e Φ, quella con aberrazione massima Ψm e relativo Φm. Tali valori introdotti nella (2) ci forniscono  la velocità del sistema:

v = c / ( sin Φ/tan Ψ + cos Φ)            (2)

Se  Φ ≈ π/2  la formula può approssimarsi in            v = c*tanΨm.  (2a)

Conclusioni

L’esperimento mostra che è possibile determinare esclusivamente con la luce (mediante la sua aberrazione) la velocità/traslazione di un sistema, cosi come l’esperimento del disco di Sagnac [4]  dimostra che è possibile determinare con la luce la rotazione di un sistema. La luce, in sostanza, si presenta come un sistema di riferimento unico, assoluto con cui è possibile definire la velocità assoluta e con essa la dilatazione assoluta del tempo e la contrazione assoluta dello spazio.

In altre parole i suddetti esperimenti mostrano che per gli osservatore in moto la velocità della luce non è uguale in tutte le direzioni e per tale motivo confutano il 2° postulato della RS.

Suppongo che sia possibile con l’esperimento citato misurare, ad esempio, la velocità della terra mediante dei fasci di luce sottile, cioè fasci laser inferiori ad un millesimo di capello che riescono a  propagarsi per grandi distanze [5].

Contraddizioni nella Relatività Speciale

I percorsi unidirezionali della luce contraddicono il 2° Postulato della Relatività Speciale

 

SOMMARIO

Introduzione

  1. L’aberrazione della pioggia e della luce
  2. L’orologio a luce
  3. Osservazioni
  4. Il Cerchio di Aberrazione
  5. Ellisse di Aberrazione e Spazio Tempo
  6. Osservatore in moto ed Ellisse di Aberrazione
  7. Effetto Doppler – Osservatore in moto
  8. Effetto Doppler – Sorgente in moto
  9. Effetto Doppler – Osservatore e Sorgente in moto
  10. Osservazioni

Conclusioni

Riferimenti


Introduzione

Galileo Galilei aveva osservato che se ci si chiudeva all’interno di un vascello che navigava con velocità costante, non era possibile stabilire, mediante esperimenti fisici, la velocità del vascello.  Aveva dedotto da questa considerazione il Principio di Relatività che prende il suo nome: Tutte le leggi della Meccanica sono uguali in tutti i sistemi di riferimento in moto rettilineo uniforme.  Con la scoperta dell’elettromagnetismo si è osservato che i fenomeni elettromagnetici non obbediscono al suddetto Principio di Galileo (la luce infatti non viene trascinata dai sistemi in moto). Con il 2° Postulato della Relatività Speciale (RS), ipotizzando  che la  velocità della luce sia costante per tutti i sistemi inerziale, anche i fenomeni elettromagnetici vengono inclusi nel principio più generale della Relatività Speciale: Tutte le leggi fisiche sono uguali in tutti i sistemi di riferimento inerziali.

Con tale postulato si ipotizza cioè che in ogni sistema in moto rettilineo uniforme (inerziale) la velocità della luce sia isotropa (uguale in tutte le direzioni). Tale postulato viene tradotto in pratica nella sincronizzazione degli orologi: posti 2 orologi alle estremità  A e B di un’asta, se dal suo centro O si fanno partire due lampi di luce verso A e B, gli istanti in cui tali lampi arrivano in A e B si considerano simultanei qualunque sia la velocità dell’asta.

Risulta evidente che questa simultaneità non è assoluta poiché dipende dalla velocità del sistema-asta. La velocità della luce viene considerata, quindi, isotropa per qualsiasi sistema in moto. Infatti, indicata con v la velocità del sistema, si pone che in qualsiasi direzione sia sempre:  c±v = c e che la somma delle velocità sia data dalla formula: c = (c+v)/(1+v*c/c2).

Si può dare, allora, la seguente definizione: “Il 2° postulato della RS ipotizza la velocità della luce invariante relativamente ad ogni sistema in moto”. In tale frase risulta evidente l’antinomia, l’ossimoro cioè l’accostamento di termini contrapposti: invarianza relativa. O la velocità della luce è un’invariante e non dipende dal sistema (come effettivamente deve essere) o è relativa-dipendente dal sistema. Per tale motivo tale ipotesi apre le porte alla relatività delle grandezze fisiche. [1]

Basandosi sul 2° postulato, la RS può ritenersi matematicamente corretta, ma non realistica, così come può ritenersi matematicamente corretta la definizione della retta immaginaria, la quale risulta perpendicolare a sé stessa. In altri termini, il suddetto postulato ci trasporta in un mondo matematicamente corretto ma immaginario, dove gli spazi e i tempi non sono più reali (univoci) ma relativi e diversi per ogni sistema di riferimento.

Si evidenzia che l’ipotesi del 2° postulato (affinché Tutte le leggi fisiche siano uguali in tutti i sistemi di riferimento inerziali) è una scelta arbitraria che ha un prezzo molto alto da pagare:  la relatività delle grandezze fisiche.

Ritengo opportuno ancorché doveroso porsi, pertanto, le seguenti domande:

  1. E’ necessario adottare il 2° postulato?
  2. Tutte le leggi fisiche risultano veramente uguali in tutti i sistemi inerziali?

In questo articolo, posto che il 2° postulato interessa i percorsi unidirezionali della luce, verranno analizzati i fenomeni fisici come l’aberrazione e l’effetto Doppler  alla luce di tale postulato. Risulterà che, per la descrizione di tali fenomeni non sarà necessario utilizzare tale postulato, anzi il suo utilizzo darà risultati errati. Si vedrà, altresì, che in assenza di tale postulato si avranno deformazioni spaziali e temporali analoghi a quelli relativistici ma con un significato reale e privo di paradossi.

Nota: Per le formule utilizzate vedi trigonometria10.gif (692×646) (mathisintheair.org)

Continua

Orologio a luce e Aberrazione

L’aberrazione della luce

Supponiamo di essere fermi e che la pioggia cada verticalmente con una velocità c. aberrazione1Se ci muoviamo con velocità v le due velocità si compongono per cui le gocce le vediamo arrivare alla velocità risultante r = (v²+c²) 1/2 = c*(1+v²/c²) ½ e con un angolo Ψ ≈ v/c rispetto alla verticale. Tale fenomeno viene chiamato aberrazione e Ψ angolo aberrazione.

Il fenomeno dell’aberrazione si verifica anche con la luce. Se, ad esempio, vogliamo osservare le stelle poste sulla nostra verticale, dobbiamo inclinare il telescopio rispetto alla verticale di un angolo di aberrazione Ψ che tenga conto del moto della Terra attorno al Sole.

Le immagini riportate sono tratte dal sito Giornale di Astronomiaaberrazione2Spigolature Astronomiche: http://www.bo.astro.it/sait/spigolature/spigo103base.html

Il fenomeno fu scoperto da Bradley nel 1728 osservando la stella Egli si accorse che per osservare la stella doveva variare l’inclinazione del telescopio al variare della velocità v della Terra attorno al Sole. La direzione di tale inclinazione durante l’anno descrive un’ellisse.   Bradley rilevò una “variazione” dell’angolo di aberrazione della luce pari a 20,50 secondi d’arco. Poiché 3600″(sec. d’arco) = 1°(grado) si ha 20″,50 = 0,00569°  quindi tan(0,00569°) ≈ 0,0009937 = v/c. Per cui la velocità della Terra attorno al Sole risulta pari a v ≈ 29.8 km/s.  aberrazione3.gifTale angolo è relativo in quanto considera la “variazione” della velocità della Terra rispetto al Sole e non considera la velocità del sistema solare, … . Per cui il telescopio, per poter catturare i raggi, deve essere inclinato di un angolo di aberrazione che tenga conto della sua velocità “totale” (compresa quella del sistema solare …) rispetto alla direzione della luce.

La direzione della luce di una stella (in arancione) durante l’anno non cambia in quanto molto lontana. Per l’osservatore sulla Terra come già detto tale direzione (in blu) varia a causa del moto della Terra. Il telescopio (in rosso), infatti, per catturare il raggio della stella sull’oculare deve variare la sua inclinazione.  È evidente che se la velocità della Terra non variasse l’inclinazione del cannocchiale rimarrebbe uguale.

L’orologio a luce

Consideriamo, adesso, l’esperimento mentale dell’orologio a luce (l’immagine è tratta dal sito    http://www.fmboschetto.it/tde/2_2.htm del Prof. Ing. F.M. Boschetto), che viene preso come esempio nella Relatività Speciale (RS) per spiegare il rallentamento relativo del tempo con l’aumento della velocità. orologialuce.gif

L’orologio a luce calcola, infatti, il tempo impiegato da un fotone a compiere il percorso di andata e ritorno tra i due specchi piani e paralleli A e B. Dati due di questi orologi K e K’ in quiete, i tempi impiegati dai fotoni evidentemente saranno uguali. Se l’orologio K’, invece, si mette in moto con velocità v rispetto all’orologio K, si ritiene che il tempo impiegato dal fotone sia maggiore in quanto si ritiene che esso compia un percorso in diagonale.

Secondo la RS invece, poiché non è possibile distinguere quale dei due orologi è in moto (i sistemi sono tutti uguali e indistinguibili), sussistono entrambi i casi: ossia per l’osservatore solidale con l’orologio K è l’orologio K’ a rallentare, mentre per l’osservatore solidale con l’orologio K’ è l’osservatore K a rallentare.

Osservazioni

In verità, sull’esperimento dell’orologio a luce (o meglio a fotoni) (*) è necessario rilevare quanto segue. Se il fotone viene sparato in direzione verticale esso colpirà lo specchio superiore solo se l’orologio rimane fermo. Infatti, se tale fotone riuscisse a colpire lo specchio in moto tale evento dimostrerebbe il trascinamento del fotone da parte dell’orologio, che risulterebbe in contrasto col Principio della costanza della velocità della luce.

Il fotone, pertanto, dovrebbe colpire il punto B’’ distante dallo specchio di B’B’’ = A’B’ *v/c, (dove B’B’’ è la distanza percorsa dall’orologio nel tempo impiegato dal fotone a percorrere la distanza tra i due specchi). Pertanto, per colpire lo specchio in moto, il fotone dovrebbe essere sparato con un’inclinazione pari ad un angolo Ψ ≈ B’B’’/A’B’ = v/c, che corrisponde con l’angolo di aberrazione. L’esperimento dell’orologio a luce, per l’osservatore solidale all’orologio, deve essere interpretato come l’aberrazione del fotone, dove il moto verticale del fotone si combina con il moto orizzontale dell’orologio.

In pratica conoscendo l’angolo d’inclinazione (aberrazione) dei fotoni è possibile determinare la velocità dei due orologi K e K’. L’orologio K si potrà considerare realmente fermo se il fotone, sparato con direzione verticale, colpirà lo specchio superiore, mentre l’orologio K’ si potrà considerare realmente in moto con velocità v se il fotone sparato con inclinazione Ψ ≈ v/c colpirà lo specchio superiore.

Pertanto gli orologi (sistemi) non possono ritenersi tutti uguali e indistinguibili (come ipotizza la RS) ma ognuno con una propria velocità rispetto al fotone. Risulta indispensabile, allora, definire il sistema di riferimento assoluto (con velocità nulla), come quel sistema in cui l’aberrazione dei fotoni è nulla in tutte le direzioni. Un sistema che, essendo composto da fotoni, possiamo chiamare “sistema luce”.

(*) E’ più corretto parlare di orologio a fotone o a lampi di luce, invece che di orologio a luce, al fine di avere “proiettili” che siano indipendenti dal moto della sorgente. Infatti mentre il fotone una volta emesso percorre una linea retta, il raggio di luce essendo costituito da un insieme di fotoni emessi dalla sorgente uno dopo l’altro in tempi diversi può avere una linea curva se la sorgente è in moto.  Si veda  https://www.motionmountain.net/motionmountain-volume2-it.pdf  esempio del faro pag. 19 e 20.

Conclusioni

L’orologio a luce è un esempio valido per spiegare la dilatazione del tempo solo se lo si interpreta come un fenomeno di aberrazione. Tale fenomeno però implica l’esistenza di un sistema assoluto, che contraddice il 2° postulato della relatività. D’altra parte, se si dovesse ritenesse nulla l’aberrazione dei fotoni si dovrebbe concludere che la velocità della luce non sia costante.

Si deve concludere che la Teoria della RS, sebbene fornisca valori pressoché uguali a quelli sperimentali, ciò grazie alla velocità trascurabile del nostro sistema Terra (circa 3.000 km/sec) rispetto alla velocità della luce, non sia valida sotto l’aspetto epistemologico (ossia come metodo scientifico).

Gradiente, Divergenza, Rotore

GRADIENTE di uno scalare = vettore

Molte grandezze fisiche (come la temperatura T, la pressione p, il potenziale elettrico V e gravitazionale U …) gradientepossono esprimersi con un solo valore e vengono dette grandezze scalari  Tali grandezze associate ai punti dello spazio definiscono i campi scalari T(x,y,z). Le variazioni  dello scalare dT al variare di dx, dy, dz cioè dTx/dx, dTy/dy, dTz/dz costituiscono il vettore gradiente  F dello scalare T(x,y,z):

F(Fx,Fy,Fz)  = – gradT(x,y,z)    =  –  ∇T(x,y,z)   =  – (dTx/dx*i+dTy/dy*j+dTz/dz*k)          (1)    

da cui    Fi*di = dTi     (1a)  ossia  ∫ Fi*di = ∫dTi     (1b)                 dove i = x,y,z

Il vettore gradiente è costituito dalle derivate dello scalare T rispetto alle ordinate spaziali dx, dy, dz.  Se T(x,y) rappresenta la quota del terreno, il gradiente dTx/dx (dTy/dy) è la pendenza del terreno lungo dx (dy) mentre gradT  dà la retta di max pendenza nel punto (x,y).

VETTORE E FLUSSO Molte grandezze fisiche (come la velocità, la forza, il campo elettrico e gravitazionale) vengono definite mediante vettori (costituiti da modulo, direzione e verso). Queste grandezze associate ad ogni punti dello spazio definiscono i campi vettoriali.        Consideriamo una superficie infinitesima dS (ad esempio dSx = dy*dz) il FLUSSO che attraversa la superficie dSx è:      Φx = Ex*dSx            (2)     mentre la quantità di flusso Ex che entra nel volume dv è dato dalla variazione di Ex lungo dx per la superficie dy*dz, cioè:       dΦx = dEx*dSx       (2a)

DIVERGENZA di un vettore = scalare

La derivata del vettore Ex lungo dx rappresenta la divergenza di E lungo x, cioè  divEx = dEx/dx.  La somma delle derivate lungo le diverse direzioni dà lo scalare divergenza del vettore E che è la variazione di E nell’elementino di volume dv = dx*dy*dz  divergenza

ρ(x,y,z) = divE  = dEx/dx+dEy/dy+dEz/dz   = ∇*E         (3)

Se moltiplichiamo per dv la derivata in x:  dEx/dx  tale valore costituisce la variazione di flusso dentro dv di E lungo dx:    dΦx = divEx*dv=dEx*dSx      (4)    (dove dSx = dy*dz).  Il flusso totale nelle 3 direzioni vale:

dΦ = divE*dv = dE*dS  = dρ/ε    (4a)

  La divE nel volume dv indica la presenza in dv di:     sorgenti (cariche) se divE > 0 ,      pozzi se div< 0.   In altre parole la variazione di flusso dΦ all’interno di un volume dv di superficie dS dà la quantità di carica dρ racchiusa in tale volume.    Ugualmente la divergenza divE nel volume v  è uguale alla  variazione di flusso E all’interno della superficie S del volume v:    ∫divE*dv = ∫ (dEx/dx+dEy/dy+dEz/dz)*dv = ∫dEx*dy*dz+ ∫dEy*dx*dz+ ∫dEz*dx*dy = ∫dEx*dSx + ∫dEy*dSy + ∫dEz*dSz = ∫E*dS = Φs

     ossia            ∫divE*dv = ∫E*dS = Φs = ρ/ε          (4b)   

Considerato il volume v costituito da tanti cubetti dv la (4b) può essere spiegata osservando  che i flussi che attraversano le facce interne danno un contributo nullo in quanto il flusso che esce da un elementino entra in quello successivo. Per cui il flusso totale è costituito solamente dal flusso che attraversa le facce esterne che compongono la superficie esterna S del volume v.

Combinando la (1) e la (2) si ha:                    divE = div*grad T = ∇²(T) = ρ/ε            (5)                (∇² = ∇*∇ è detto Laplaciano).

La (5) indica che un campo scalare (ad esempio la Temperatura) deve variare almeno con  legge quadratica per contenere una sorgente di calore.

ROTORE di un vettore = vettore

rotor1 Dato un elementino di piano dx*dy  e il campo vettoriale su tale piano cioè F(x,y)  il vettore rotore rotFz per il piano (x,y)  è la somma delle derivate dei 2 vettori sul piano lungo le 2 direzioni ad essi ortogonali                               rotFz = dFx/dy – dFy/dx      (7)

Considerando la circuitazione dell’elementino    dA = dx*dy     eseguita dal vettore F ossia  Σ F*dl

    Σ F*dl = F1x*dx- F2x*dx+ F2y*dy-F1y*dy  = (F1x-F2x)*dx + (F2y-F1y)*dy  =  dFx*dx – dFy*dy          che diviso per dA         Σ F*dl/dA = rotF    ossia     rotF*dA =  Σ F*dl    (8a) 

La (8) viene letta: il flusso del rotore F che attraversa l’area dA è uguale alla circuitazione dell’elementino dA da parte del vettore F .

rotor2

In forma integrale la (8) si scrive      ∫ rotF*dA = ∫ F*dl    (8b)

Considerato la superficie A costituito da tanti quadratini dA la (8a) può essere spiegata osservando  che i flussi che percorrono i lati interni danno un contributo nullo in quanto sono percorsi in senso inverso nel lato del quadratino adiacente, per cui la circuitazione totale è costituita solamente dai lati esterni cioè dalla curva che delimita la superficie A.

 

Teorema di Stokes Si osserva che con la     ∫ Fi*di = ∫dTi    (1b)     si ha la relazione tra l’integrale di linea i e l’integrale dei punti (scalare) T estremi della linea l;      con la    ∫ rotF*dA = ∫ F*dl   (8b)  si ha la relazione tra l’integrale di superficie A  e l’integrale di linea l contorno di A,   con la    ∫divE*dv = ∫E*dS     (4b)  si ha la relazione tra  l’integrale di volume v  e l’integrale di superficie S contorno di v. Il Teorema di Stokes descrive tutte e 3 le relazioni  in quanto considera il legame tra l’integrale su una V-grandezza a (n)dimensioni e l’integrale su una S-grandezza a (n-1)dimensioni,  in cui la S-grandezza è il contorno della V-grandezza.  …

 

Le leggi fisiche sono invarianti rispetto alla luce

Spazio e Tempo Assoluti  

Se volete sapere perché e in che modo lo spazio e il tempo si deformano potete leggere Il regno di LuxIn una pagina e con un filmato di 1 minuto viene spiegato come la luce con la sua velocità “definisce” il tempo e lo spazio dei corpi in funzione del loro moto. Se volete approfondire l’argomento leggete Spazio e Tempo. 

Oliver-HeavisideChi è costui nella foto?   Fino a pochi mesi fa non lo conoscevo nemmeno io è Oliver Heaviside. Rispetto a tanti altri “geni” della fisica ritengo che egli sia uno tra i più dimenticati e sconosciuti. Quasi  tutti hanno sentito parlare delle equazioni di Maxwell ma pochissimi sanno che esse sono costituite da 20 equazioni con una matematica complicatissima come i quaternioni.  Le 4 equazioni che oggi si studiano come Equazioni di Maxwell sono state scritte da questo individuo con un lavoro di pulizia e di semplificazione delle 20 equazione differenziali. Difficilmente le equazioni scritte da Maxwell potevano essere capite e gestite dai fisici.

Oliver Heaviside nacque a Camden Town, un sobborgo di Londra, il 18 Maggio 1850, da una famiglia povera e numerosa. A causa della scarlattina presa quando era molto piccolo perse gran parte dell’udito. Tale l’infermità gli resero molto difficili i rapporti con gli altri ragazzi e gli sconvolse per sempre la vita. I suoi risultati scolastici comunque erano molto buoni. L’unica materia in cui andava male era la geometria che trovava astrusa, ciò risulta strano per un personaggio che avrebbe segnato la storia della matematica e dell’elettromagnetismo. All’età di 16 anni Oliver, non ritenendolo il suo ambiente ideale, decide di abbandonare la scuola nonostante i buoni risultati. Poiché era il periodo d’oro dell’elettricità impara da solo l’alfabeto Morse e chiede al suo zio, il famoso Charles Wheatstone, di trovargli un lavoro. All’età di  18 anni si ritrova  con uno stipendio e un lavoro in una società di telegrafi.  Oliver non si può dire che amasse la scuola, ma di certo amava lo studio.  Dopo solo sei anni, alla giovane età di 24 anni, lascia il lavoro proprio per dedicarsi esclusivamente a studiare gli argomenti che più lo interessano.

Ciò che lo interessa soprattutto è la teoria dei campi elettromagnetici di J.C. Maxwell. Da autodidatta, dedicandovisi anima e corpo, studiò l’opera del fisico scozzese. Il grande fisico scozzese  alla sua morta lascia un lavoro mastodontico, complicatissimo, costituito da tecniche matematiche complesse (i quaternioni, ad esempio) e ben diverso dalle 4 eleganti equazioni che oggi portano (erroneamente) il suo nome.

Heaviside si trova a sua agio nella nuova teoria elettromagnetica e ne diventa un esperto come nessun altro: “ha una capacità di visione, di comprensione così profonda dei fenomeni elettromagnetici da rivoluzionare per sempre  tale campo della fisica. Moltissimi termini elettrici sono stati introdotti da Oliver: impedenza, reattanza, induttanza, permettibilità, suscettibilità e molti altri; sua l’invenzione del cavo coassiale, suoi i nomi di diversi effetti di elettrotecnica (effetto “pelle”, equazione delle linee) e tanti altre. Molti sono i successi,  di fondamentale importanza per lo sviluppo dell’elettrotecnica, che non sono associati al suo nome. Per portare un esempio per primo, già nel 1888, Heaviside aveva calcolato la contrazione del campo elettrico per le cariche in movimento che avrebbe portato Lorentz a calcolare le contrazioni del corpi in movimento.

Oliver Heaviside è stato uno scienziato sperimentale, tuttavia il suo lavoro più straordinario è stato essenzialmente  teorico. Come spesso capita per molti scienziati sperimentali, la stima e la gloria nel tempo  venne  riversata ai fisici  teorici, più facilmente premiati con la definizione di “geni”.

I grandi fisici suoi contemporanei riconoscevano senza difficoltà la grandezza di Heaviside: Lord Kelvin lo definì “un’autorità”;  Lodge, lo presentò come uno scienziato “le cui profonde ricerche nel campo delle onde elettromagnetiche si sono spinte più lontano di quanto chiunque possa ancora comprendere”; e a sostenere la sua candidatura alla Royal Society erano gli stessi Kelvin e Lodge, Poynting, Fitzgerald e altri. Ma Oliver dai capelli rossi, piccolo di statura e mezzo sordo era abituato ad essere sulla difensiva, e sembra addirittura che gli onori che riceveva lo spaventassero più di quanto gli facessero piacere. Dopo qualche anno si ritirò in campagna, si isolò, e probabilmente peggiorò anche il rapporto con sé stesso, se è vero che era solito firmare i suoi documenti con la scritta “W.O.R.M.”, che però fingeva solo d’essere un acronimo.

Il regno di Lux

C’era una volta in un Paese molto lontano un re saggio di nome Lux. Egli era un po’ eccentrico e si era creato un regno a forma di cerchio (cerchio nero)  con la sua sede al centro così da inviare e ricevere messaggi dalle frontiere nello stesso istante. Per la trasmissione di detti messaggi venivano utilizzati dei piccioni.

Durante il suo regno si verifico una grande carestia tanto da costringere il re con tutto il suo regno a mettersi in viaggio verso terre più fertili.  Il viaggio duro per molti giorni pur muovendosi ad una velocità v pari alla metà della velocità p dei piccioni. Questo movimento costringeva i piccioni a percorrere distanze maggiori in quanto, oltre a percorrere la distanza dal re alle frontiere (costituita dal raggio del regno),  dovevano muoversi assieme a tutto il regno.  Se, ad esempio,  il regno si muoveva verso Est per recarsi alla frontiera Nord il piccione doveva viaggiare Nord-Est, effettuando il percorso di andata OP e di ritorno PO’. Per cui se prima il piccione impiegava 1 ora, adesso (in movimento)  impiegava  circa 1 ora e 1/4.

Ellisse aberraz Sfera

Il re, allora, ordinò ai sapienti che tutti i piccioni impiegassero lo stesso maggior tempo così da continuare a ricevere ed inviare i messaggi contemporaneamente. I sapienti, dopo averci riflettuto, considerato che tutti i piccioni viaggiavano ad una velocità doppia di quella del regno, segnarono sul terreno i punti O e O’ distanti d, tale distanza  rappresentava la distanza percorsa dal re in 1 ora e 1/4, quindi presero una corda lunga 2d (distanza percorsa dai piccioni) fissarono le due estremità ai punti O e O’ e tenendo la corda ben tesa disegnarono l’ellisse (in fiigura rappresentata con l’ellisse blu).  Considerato un  generico punto P dell’ellisse i due lati  OP e PO’ rappresentavano i percorsi di andata e di ritorno di del piccione. I piccioni, quindi, percorrendo tutti la stessa distanza 2d, dovevano incontrare la frontiera in movimento (rappresentata con l’ellisse rossa) nei punti P dell’ellisse blu.  (La figura  a fianco riprende l’istante in cui il piccione incontra la frontiera nel punto P’ intersezione  tra l’ellisse blu ferma e l’ellisse rossa in moto) 

  Nel  filmato vengono ripresi i percorsi  (in giallo) del piccioni che incontrano la frontiera in movimento (ellisse rossa)  nei punti P (dell’ellisse blu).

I sapienti osservarono che  quando il regno è in movimento :

  1. Il tempo impiegato dai piccioni per trasmettere i messaggi aumenta ;
  2. La lunghezza del regno  nella direzione del moto si accorcia (il cerchio rosso si contrae);
  3. I piccioni non arrivano più nello stesso istante alle frontiere  (non c’è più simultaneità);
  4. Il maggior tempo corrisponde ad una maggiore distanza percorsa e ad un maggiore dispendio di energia, rispetto all’energia (a riposo) quando il regno è fermo;
  5. Le direzioni di partenza e arrivo di ogni piccioni sono diverse. Esse si presentano inclinate in avanti a causa del movimento (effetto aberrazione).
  6. Se il regno viaggiasse ad una velocità prossima a quella dei piccioni, il tempo impiegato dai piccioni diventerebbe lunghissimo così come l’ellisse blu mentre lo spazio nella direzione del moto cortissimo.

Il re Lux, considerato che era di vitale importanza lo scambio delle informazioni stabilì per il suo regno come unità di tempo  l’intervallo di tempo che impiegavano i piccioni a trasmettere le informazioni e  come unità di spazio lo spazio che percorrevano i piccioni in tale unità di tempo in ogni direzione.

Poiché la velocità p dei piccioni era sempre la stessa qualunque fosse la velocità v del regno, tale velocità poteva essere calcolata dal triangolo rettangolo OPS (con S punto medio di OO’) di cui si conoscono l’ipotenusa OP e il cateto PS quindi ricavare OS cioè la v .  Individuata la velocità v  del regno si potevano trovare le unità di tempo, di lunghezza e l’energia per il regno in movimento.

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La Relatività Speciale (e la sua ipotesi) è errata.

Ing. Giovanni Colletti

Articolo completo pubblicato su Academia.edu:  Spazio e tempo assoluti senza il 2 ° postulato della Relatività. Le leggi fisiche sono invarianti rispetto alla Luce

PREMESSA            

Se consideriamo gli atomi di un corpo, essi si trovano a una distanza tale che le forze (coulombiane) di attrazione e repulsione sono tra loro in equilibrio. Questa distanza si chiama distanza di legame e determina la dimensione del corpo. Se consideriamo  le equazioni delle forze coulombiana F= k*qQ/r² e delle forze  gravitazionali F = G*Mm/r² si osserva  che la propagazione di tali forze è stata considerata istantanea  in quanto in esse  non è presente il tempo.  Tale propagazione ha  in realtà una velocità uguale a quella della luce, per cui a una distanza r la perturbazione arriva dopo il tempo  t= r/c. Se il corpo è in movimento tale tempo (ritardo), come vedremo,  aumenta e con esso variano le forze di legame e le dimensione del corpo (distanza di legame). Questo avviene ovviamente sia per le forze coulombiane sia per le forze gravitazionali. Risulta importante quindi capire  rispetto a cosa il corpo è in movimento. [1]   In questo articolo si intende studiare allora, il comportamento dei corpi in movimento tenendo conto che la velocità di propagazione delle interazioni è uguale alla velocità della luce. A tal fine si farà riferimento soprattutto all‘esperimento di Michelson e Morley, e al comportamento delle aste dell’interferometro al variare della  velocità. Saranno utilizzati dei principi validati dagli esperimenti, per cui non sarà utilizzato il 2° postulato della TdR, al fine di dare una interpretazione oggettiva (reale) del fenomeno. Le Trasformazioni di Lorentz infatti, proprio  perché contengono tale postulato, non possono dare una interpretazione oggettiva delle grandezze fisiche  (spazio e tempo) ma relativistica. Con i suddetti principi, dopo avere distinto i vari esperimenti (secondo il n° di sistemi di riferimento e secondo i percorsi compiuti dalla luce: di solo andata o di andata e ritorno) si  passa ad esaminarli. Infine vengono presentati alcuni esperimenti con i quali si ritiene possibile calcolare la velocità assoluta dei sistemi.

[1] Riguardo le proprietà del vuoto e la velocità di interazioni delle forze F si ritiene interessante il filmato del prof. Adriano Morando Spazio Tempo e Materia.   

Riguardo i corpi in movimento si citano gli  Appunti del corso di Fisica Teorica –  del Prof. Pierantonio Zanghi pag. 34, in cui risulta che i potenziali ritardati (campi di forza) nello spazio presentano una “contrazione” nella direzione del moto.

  1. L’esperimento di Michelson e Morley e la Teoria della Relatività

L’esperimento di MM è stato ideato per dimostrare l’esistenza dell’etere. A ciascuno dei 2 raggi di luce si fanno percorrere, in andata e ritorno, bracci diversi di un interferometro disposti uno lungo la direzione del moto l’altro nella direzione ortogonale. Poiché si riteneva che l’etere nel suo moto trascinasse la luce, con tale esperimento si cercava di osservare (in periodi diversi dell’anno, essendo l’interferometro in moto con la Terra attorno al Sole, o ruotando l’interferometro)  un fenomeno di interferenza che avrebbe provato il ritardo di uno dei due raggi. Con qualsiasi rotazione dello strumento e in qualsiasi periodo dell’anno, tuttavia, non è stata osservata alcuna interferenza. L’esperimento, se per un verso era fallito,  dimostrava  comunque che i raggi di luce in un percorso di andata e ritorno  impiegano lo stesso tempo qualunque sia la velocità del corpo (interferometro). Per spiegare tale strano fenomeno Lorentz ipotizzò che il movimento generasse una contrazione “reale” nei corpi lungo la direzione del moto. A tale ipotesi Einstein affiancò la sua: la velocità della luce è uguale in tutti i sistemi in moto (2° postulato della Teoria della Relatività). Tale postulato ipotizza che il tempo impiegato dalla luce per raggiungere un corpo non dipende dalla velocità del corpo, in altre parole che in un sistema  inerziale (in moto con velocità costante)  i tempi impiegati dalla luce nei percorsi di andata sono uguali a quelli di ritorno .

1.1 Le Trasformazioni di Lorentz (TL) Come il suono ha bisogno dell’aria per propagarsi, si riteneva che anche la luce avesse bisogno dell ‘ etere  per propagarsi.     Il fenomeno dell’aberrazione stellare, l’esperimento di Fizeau e l’esperimento di Michelson e Morley davano risultati contrastanti riguardo il comportamento della velocità della luce nell’etere. Dopo diverse interpretazioni le Trasformazioni ideate da H.Lorentz,    ipotizzando la deformazione del corpo lungo la direzione del moto, riuscivano a spiegare tali risultati contrastanti.   Nella creazione di tali Trasformazioni, tuttavia, è stata ipotizzata la costanza della velocità della luce in percorsi di solo andata (2° postulato), (vedi youmath Dimostrazione del calcolo delle TL), nonostante l’esperimento di MM dimostrasse la costanza della velocità della luce in un percorso di andata e ritorno. Inoltre, poiché l’esperimento di MM è costituito da un solo sistema (osservatori – interferometro), per poter applicare tali Trasformazioni è necessario considerare un  altro sistema di riferimento per determinare la velocità dell’interferometro. L’interazione che avviene esclusivamente tra l’interferometro e la luce (a parere dello scrivente) viene ad essere pertanto “inquinata”  dall’inserimento di un altro sistema estraneo al fenomeno. Per tale ragione si definisce una velocità “relativa” dell’interferometro (in quanto riferita al  nuovo sistema) e una deformazione relativa dello spazio e del tempo. Accettare le TL implica ritenere valida la “simmetria della relativa“, cioè: considerati due sistemi A e B  fra loro in moto,  ritenere validi sia la contrazione di B per l’osservatore A, sia  la contrazione di A per l’osservatore B.  Voler dare, quindi, con le TL (ossia con la TdR) un significato reale alle deformazioni dello spazio e del tempo risulta pura fantasia. Con il 2° postulato si deve quindi rinunciare alla possibilità di definire uno spazio e un tempo reali, ossia di descrivere il reale comportamento della  materia in movimento. Tale situazione si ritiene insostenibile (inaccettabile) se si considera che l’introduzione del 2° postulato nella creazione delle TL non è stata obbligatoria  ma ”opportuna”. L’utilizzo del 2° postulato viene consigliato  da Poincarè per dare alla teoria fisica la forma più semplice (da Wikipedia): ”(Poincaré) … trattò la difficoltà di stabilire la simultaneità a distanza e concluse che si potesse stabilire per convenzione. Egli asserì anche che gli scienziati dovevano porre la costanza della velocità della luce come postulato per dare alla teoria fisica la forma più semplice.” 

Considerato quanto sopra, per una lettura oggettiva dell’esperimento di Michelson e Morley si ritiene necessario:

  1. Leggere l’esperimento di MM come una interazione tra il corpo e la luce;
  2. Considerare la costanza del tempo, impiegato dalla luce per percorsi di andata e ritorno, lungo qualsiasi direzione una Proprietà della natura.

1.2 Il 2° postulato: un’ipotesi imbarazzante. Sebbene le impostazioni sopra indicate per interpretare l’esperimento di MM siano diverse, si ritiene utile richiamare l’articolo TEMPO RELATIVO E SIMULTANEITÀ ASSOLUTA  del Prof. Franco Selleri.    In esse si mette in discussione il 2° postulato. Si riportano alcuni passaggi in cui si coglie l’imbarazzo nei confronti di tale postulato e di conseguenza delle TL e della TdR.

Dal paragrafo 2 Il totale relativismo di cui la teoria sembrerebbe portatrice è un’illusione. Insomma non tutto è relativo nella relatività: essa contiene anche qualcosa che relativo non è, qualcosa di assoluto! Come scriveva il fisico Helbert Dingle: “Dovrebbe essere ovvio che se c’è un effetto assoluto che è funzione della velocità, allora la stessa velocità deve essere assoluta. Nessuna manipolazione di formule e nessun concepimento di ingegnosi esperimenti può alterare questo semplice fatto.” .

Dal paragrafo 3Una domanda che sembra legittima è: “Ma cosa succede realmente al regolo, qual’è la sua vera lunghezza?” La risposta relativistica è che la domanda non ha alcun senso e che i punti di vista di tutti i diversi osservatori  sono egualmente, anche se limitatamente, validi. E’ la filosofia del relativismo e del soggettivismo che si afferma in fisica per le tipiche constatazioni degli osservatori in moto. – Ehrenfest sentì molto acutamente l’esistenza di questo genere di problemi. La teoria di relatività speciale basata sulla negazione dell’etere richiede la completa equivalenza degli osservatori in moto relativo uniforme, perché non c’è ragione che siano inequivalenti, dato che si muovono rispetto al nulla. Tuttavia se si adotta il principio d’equivalenza che Einstein formulò nel 1916 e su cui basò la teoria di relatività generale, si conclude che l’inerzia ha la sua origine negli effetti gravitazionali delle masse lontane, effetti mediati da campi fisici presenti nello spazio vuoto. Ma la parola etere e la parola campo indicano all’incirca la stessa cosa, un vuoto dotato di proprietà fisiche. Questa contraddizione angustiava Ehrenfest che nel 1919 scrisse ad Einstein: “Ora non si può più dire che si muovono rispetto al nulla, perché si muovono rispetto a un enorme qualcosa! … Einstein, il mio stomaco disturbato odia la tua teoria – quasi odia anche te! Come posso educare i miei studenti? E cosa posso rispondere ai filosofi?!!”

Dal paragrafo 4. D’altra parte egli (Einstein) dimostrò in più occasioni di avere ben chiaro il carattere convenzionale del postulato di invarianza della velocità della luce, ad esempio nel 1916 scrivendo a proposito del punto mediano M di un segmento AB gli estremi del quale sono colpiti “simultaneamente” da due fulmini: “Il fatto che la luce impieghi lo stesso tempo per percorrere AM e BM è solo una convenzione arbitrariamente stabilita per ottenere una definizione di simultaneità, e non un’ipotesi sulla natura della luce sotto l’aspetto fisico.”   …  Ovviamente se una affermazione scientifica è vera non si può che accettarla, ma se è solo convenzionale diventa invece interessante la ricerca di alternative basate su convenzioni diverse da quella normalmente usata. In particolare, se la costanza della velocità della luce è una pura convenzione priva di base empirica deve essere legittimo studiare teorie in cui tale costanza non vale. Ma nel fare questo si violerà anche il principio di relatività, almeno nella sua accezione forte, quella usata per dedurre le trasformazioni di Lorentz. Questo può solo significare che lo stesso principio di relatività è almeno in gran parte un’utile convenzione umana e non un fatto della natura. Infatti una “verità” riconosciuta come convenzionale (la costanza della velocità della luce) non potrebbe essere conseguenza necessaria del principio di relatività se questo fosse una proprietà oggettiva della natura. Premesse oggettive possono solo portare a conseguenze altrettanto oggettive!

Dal paragrafo 5. La simultaneità assoluta.

Si ritiene inoltre opportuno riportare i seguenti, a parere dello scrivente, paradossi :

  1. Ipotizziamo due particelle A e B aventi la stessa età in avvicinamento con velocità relativistica v. Quando sono vicinissime si può ipotizzare che: caso 1. Sia la particella A a frenare e fermarsi accanto alla particella B; caso 2. Sia la particella B a frenare e fermarsi accanto alla particella A. Per la TdR nel caso 1 è la particella  A a rimare  giovane in quanto la B è rimasta ferma; nel caso 2 è la particella B a rimanere giovane in quanto la A è rimasta ferma. Per la TdR entrambi i casi sono possibili, per cui si dovrebbe concludere che sia la variazione di velocità a far rimanere giovane una particella rispetto all’altra. Ma la stessa TdR, prevede che sia il tempo trascorso da una particella quando viaggia a una velocità maggiore a farla rimanere giovane rispetto all’altra.
  2. Se per un verso la Teoria della Relatività considera i sistemi di riferimento tutti uguali, dall’altro il 2° postulato ipotizza la velocità della luce uguale per tutti i sistemi di riferimento. Cioè la luce si ritiene una entità unica per tutti i sistemi. Considerando allora la luce come un sistema particolare dobbiamo dedurre che la TdR (basandosi sul 2° postulato) contenga una contraddizione. In sostanza la TdR può esprimersi con la frase: “Tutti i sistemi di riferimento sono uguali in quanto fanno tutti riferimento al sistema luce“. Tale frase si ritiene contenga una contraddizione, essa è del tipo: “Io dico sempre bugie”. Se riflettiamo su tale frase ci accorgiamo che essa non può essere considerata vera ma nemmeno falsa,  essa infatti contiene una “contraddizione” cioè risulta indecidibile (indeterminabile). Consideriamo adesso il 1° Teorema di incompletezza di Gödel: “Una teoria è incompleta se non riesce a dimostrare una formula indecidibile”, la TdR basandosi sulla frase indecidibile sopra riportata risulta allora completa. Consideriamo adesso il 2° teorema di incompletezza di Gödel: “Nessun teoria coerente (essendo incompleta) può dimostrare la sua stessa coerenza”. Per tale teorema allora la Teoria della Relatività risulta completa in quanto contiene il 2° postulato e, poiché lo considera vero, anche incoerente.  Per quanto sopra detto la Teoria della Relatività non si ritiene dimostrabile né confutabile in quanto indecidibile e incoerente.

Un incongruenza si coglie, altresì, tra la Teoria della Relatività (TdR) e la Relatività Generale (RG). Il principio di equivalenza tra massa gravitazione e massa inerziale   richiede una definizione concreta di massa inerziale che non può essere identificata con la  massa a riposo della TdR. Quest’ultima infatti dipendente dal sistema di riferimento scelto. Per sistemare (a parere dello scrivente in modo maldestro) tale “inconveniente” è stata definita la massa invariante m ad ogni velocità v<c.(???) (si veda la definizione di massa invariante su Wikipedia). Secondo tale  definizione  dovrebbe esistere una massa invariante per ogni sistemi di riferimento?  Ma se è invariante non dovrebbe essere valida per tutte le velocità? La Teoria della RG, con la geometrizzazione, del campo gravitazionale richiede l’esistenza di una massa inerziale non ambigua.

1.3 Le Trasformazioni Inerziali. Come si è detto sopra, l’applicazione del 2° postulato nelle TL è stata una scelta di comodo, la più semplice, tuttavia non suffragata da esperimenti.  Diverse solo le Trasformazioni proposte che non applicano il 2° postulato. Tra esse quella particolarmente interessante e la Trasformazione Inerziale,  che considera un sistema di riferimento assoluto in cui la luce risulta isotropa, cioè con velocità uguale in tutte le direzioni (per cui l’effetto Doppler è nullo) e dove il tempo e lo spazio sono assoluti. Vedremo come, utilizzando l’esperimento di Michelson e Morley, è possibile ricavare in maniera elementare trasformazioni analoghe a quelle Inerziali.

  1. Le Proprietà della Luce per una nuova Teoria 

Per l’interpretazione dell’esperimento di Michelson e Morley utilizziamo le seguenti proprietà della luce:

  1. La velocità della luce non dipende dalla velocità della sorgente [2].
  2. Per ogni SRI la luce nei percorsi chiusi (di andata e ritorno) ha una velocità costante in tutte le direzioni [3] .

La 1° proprietà ha una profonda implicazione per le trasformazioni galileiane. G. Galilei si rese conto che all’interno di un sistema in moto con velocità costante non è possibile rilevare la velocità del sistema, da ciò dedusse che le leggi fisiche sono uguali in tutti i sistemi con velocità costante  (Inerziali).  Ciò risulta vero per tutti i fenomeni meccanici tranne per la luce. Essa, infatti, non viene trascinata dal sistema dentro cui si trova, in quanto la sua velocità, come scoperto da Maxwell, è costante. Tale proprietà della luce si ritiene possa essere utilizzata per determinare la velocità “assoluta” del sistema.

Definite le proprietà della luce è  necessario fare una distinzione dei fenomeni in base:

  •  al numero di Sistemi di Riferimento Inerziali   1 o 2 SRI;
  •  al percorso effettuato dalla luce: solo andata  o andata e ritorno.

[2] Brecher, K. (1977), “La velocità della luce è indipendente dalla velocità della sorgente” ,  10.1103 / PhysRevLett .39.1051

[3] Test di andata e ritorno di isotropia alla velocità della luce . Hils and Hall, Phys. Rev. Lett. 64 (1990), pag. 1697. simile a Brillet e Hall (sopra), Nessuna variazione è stata trovata al livello di 2-10 −13. I test corrispondono approssimativamente all’esperimento di Michelson-Morley

2.1 Definizione del Sistema Luce.

Consideriamo più corpi (sistemi) con velocità diverse e supponiamo che in un dato istante si trovino nello stesso punto. Se da tale punto ciascun sistema emette dei raggi (lampi) di luce, poiché la velocità della luce non dipende dalle velocità delle sorgenti  (1a proprietà), questi raggi risulteranno indistinguibili per i sistemi in moto, ossia ciascun sistema vedrà i raggi tutti uguali. E’ possibile allora identificare questi raggi con un sistema, che possiamo chiamare Sistema Luce, che risulterà unico per tutti i sistemi.  Tale sistema può essere realizzato quindi emettendo lampi di luce in tutte le direzioni. Un sistema sarà solidale al Sistema Luce se la velocità della luce risulterà isotropa, cioè con velocità uguale in tutte le direzioni (si fa rilevare che, non considerando valido il 2° postulato, per i sistemi in moto la luce assume velocità diverse da c).

3. Spazio e Tempo assoluti 

3.1 Definizione di Spazio e Tempo. Consideriamo le 2 proprietà della luce sopra riportate e  supponiamo che siano nulle le deformazioni del corpo nella direzione ortogonale al moto, per un sistema in moto possiamo definire:

  1. il tempo unitario come il tempo impiegato dalla Luce a percorrere in andata e ritorno uno spazio unitario nella direzione ortogonale al moto;
  2. lo spazio unitario lungo una direzione come lo spazio percorso in andata e ritorno dalla luce lungo tale direzione nel tempo unitario.

3.2 Spazio Tempo e Sfere in moto. L’esperimento della sfera in moto si può ritenere un esperimento di MM “generalizzato”, in quanto si può considerare costituito da diversi bracci disposti in diverse direzioni e dove vengono emessi lampi di luce in tutte le direzioni. Questi bracci naturalmente avranno una estremità in un centro comune e l’altra estremità su una circonferenza (o, se vogliamo, sulla superficie di una sfera) di raggio r=1. Nel filmato Sfera in moto si possono osservare dei raggi (lampi) di luce che partono dal centro F e ritornano al centro dopo avere toccato le pareti della sfera. Si fa rilevale che la sfera in moto (rossa) è contratta nella direzione del moto  in modo che tutti i raggi arrivano al centro F’ della sfera nello stesso     istante. Ellisse aberraz Sfera Si fa notare che i raggi di luce (per la proprietà dell’ellisse) percorrono distanze uguali in quanto partono da un fuoco e arrivano all’altro fuoco dell’ellisse blu  (chiamata ellisse d’aberrazione  in quanto dovuta  all’aberrazione dei raggi a causa del moto). Gli stessi lampi di luce si muovono inoltre all’interno dell’ellisse rossa. Nella figura   viene “fotografato” l’istante in cui un lampo di luce tocca le due ellissi nel punto P’. Si fa notare che nella sfera in moto i lampi di luce non arrivano nello stesso istante come nella sfera ferma. Se indichiamo con t =r/c ed L=c*t  il tempo e lo spazio  percorso dai raggi di luce nella sfera ferma, applicando il teorema di Pitagora al triangolo rettangolo OPS :  OP² – OS² = PS²  cioè  (c*t)² = (c*t’)² – (v*t’)²  si ricava il tempo t’ impiegato e lo spazio L’ percorso dai raggi di luce per la sfera (osservatore) in moto con velocità v:

t’ = t/γ           L’ = L*γ          (1a)          con γ = (1-v²/c²)½

Si fa rilevare che i coefficienti di deformazione del tempo t’ e dello spazio L’ sono uguali a  quelli delle Trasformazioni di Lorentz. Tuttavia, mentre nelle TL la velocità v è relativa a 2 SRI, nelle relazioni (1a) la velocità v del sistema sfera viene riferita rispetto al Sistema Luce. Per tale motivo la suddetta velocità, come le deformazioni dello spazio L’ e del tempo T’, si può considerare reale. L’esempio della sfera in moto, con le relazioni (1), chiarisce (a parere dello scrivente) come lo spazio e il tempo dipendano esclusivamente dalla velocità del sistema e dalla velocità della luce. Si rileva che l’interazione tra particelle è composta da un percorsi di andata e ritorno della luce, come se le particelle comunicassero fra loro mediante raccomandate a.r. Riassumendo il rallentamento del tempo e la contrazione della lunghezza nella direzione del moto è causata dal maggior tempo impiegato dalla luce a percorrere la sfera in movimento.

E’ possibile ricavare facilmente le trasformazioni per passare dal sistema fermo (assoluto) al sistema in moto:       x’ = (x-vt)*γ ,  y’=y ,   z’=z , t’ = t/γ       (1)          in cui     γ = (1-v²/c²)½       x, y, z, t sono le coordinate assolute e le x’, y’, z’, t’ sono le coordinate per il sistema in moto.  Da esse si  ricavano:     Δx’= Δx*γ  Δy’= Δy Δz’= ΔzΔt’= Δt/γ      (2)

  Si fa rilevare che le Trasformazioni Assolute (1) coincidono con le Trasformazioni inerziali ottenute con 2 sistemi di riferimento e facendo coincidere un sistema col sistema inerziale (ossia col nostro Sistema Luce).  Ossia le Trasformazioni di Lorentz risultano uguali  alle Trasformazioni Assolute (1) solo se uno dei sistemi  ha velocità nulla rispetto al Sistema Luce. Si può definire in maniera univoca allora la velocità, il tempo di ogni sistema facendo riferimento al Sistema Luce. Per mettere direttamente in relazione due sistemi in movimento è necessario conoscere le loro reali velocità

 Si rimanda alle Trasformazioni inerziali proposte da altri studiosi per la definizione delle altre grandezze. L’esperimento della sfera oltre a offrire una rappresentazione realistica della dilatazione del tempo e della contrazione del corpo, sembra offrire anche la rappresentazione di altre grandezze fisiche che comunque devono essere verificate sperimentalmente.

3.3 Interpretazione delle ellissi. Per l’osservatore in moto l’intervallo di tempo impiegato dai tali raggi può considerarsi l’unità di tempo mentre lo spazio percorso può considerarsi l’unità di spazio.  Se si ipotizza l’ellisse rossa proporzionale alla dimensione del corpo e l’ellisse blu proporzionale all’energia totale del corpo in quanto l’area percorsa dai raggi di luce, si possono avanzare le seguenti interpretazioni:

  1. Per velocità non relativistiche v<<c non si hanno deformazioni dello spazio e del tempo per cui l’Energia totale (ellisse blu) è costituita dallEnergia a riposo (ellisse rossa) E=Eo.  Inoltre, poiché i raggi di luce hanno uguali velocità, uguali  direzioni di andata e ritorno ma verso opposto, è possibile considerare tali coppie di raggi come onde stazionarie la cui energia a riposo è costituita dall’energia cinetica interna Eo= Ec= 2*(½ k*c²) in cui k ha le dimensioni di una massa, ossia Eo= mc²
  2. Per velocità relativistiche v ≤c si hanno le deformazioni dello spazio e del tempo per cui l’Energia totale  E= moc²(ellisse bluaumenta mentre l’Energia a riposo  (ellisse rossa) diminuisce  E’o=moc²γ fino ad annullarsi per v=c. La differenza delle energie (ellissi blu – rossa) può ipotizzarsi come l’Energia cinetica Ec = moc²/γ – moc²*γ =  moc²(1/γ-γ)= moc²(1-γ²)/γ = mov²/γ. Essa risulta nulla per v= 0 ed aumenta in maniera graduale con la velocità, fino ad assumere il valore infinito per v= c. Con le suddette interpretazioni delle ellissi un aumento della velocità produce una contrazione del corpo sino ad annullarsi, un rallentamento del tempo sino a fermarsi, un’espansione (del percorso) della luce sino a riempire tutto lo spazio. Ossia il corpo all’aumentare della velocità sembra perdere gradualmente l’aspetto corpuscolare e assumere l’aspetto ondulatorio.  Secondo la Teoria della Relatività, invece, l’energia a riposo rimane costante.

3.4 Sistema Terra e Sistema Luce.  Se si considera inattendibile il 2° postulato e con essa la Teoria della Relatività perché tale teoria ha ottenuto tante conferme sperimentali? La spiegazione (a parere dello scrivente) è che la velocità del nostro sistema Terra pari a 300 km/s circa non è relativistica (velocità calcolata rispetto alla radiazione cosmica di fondo, dove si è osservato un debole ma evidente effetto Doppler) . Tale velocità  produce una deformazione trascurabile (con γ = 0,9999995), per cui il Sistema Terra può approssimarsi al Sistema Luce e le Trasformazioni di Lorentz possono approssimarsi alle trasformazioni (1)  del paragrafo 3.2. Solo in tal modo è possibile dare un significato reale a tutte le velocità delle stelle, delle galassie, alla massa a riposo e all’energia dell’universo … 

L’informazione: unità di misura di Spazio e Tempo. Considerato che la velocità della luce è unica per tutti i sistemi inerziali e che le informazioni si trasmettono con tale velocità  possiamo dare le seguenti interpretazioni di spazio e tempo per tutti i sistemi inerziali:

  • Il Tempo proprio di un sistema rappresenta la velocità con cui  vengono scambiate le informazioni al suo interno;
  • Lo Spazio proprio di un sistema è tale che  lo scambio di informazioni al suo interno avviene nello stesso tempo in tutte le direzioni;
  • L’energia unitaria in un sistema è la quantità di energia necessaria per scambiarsi una informazione; 
  • Le equazioni che esprimono le leggi della natura sono invarianti rispetto al tempo proprio e allo spazio proprio del sistema.

3.5 Una Teoria reale. La teoria, in quanto fondata sulle proprietà della luce, spiega senza paradossi il comportamento della natura. Il Sistema Luce costituisce l’unico sistema di riferimento. Tutti i sistema inerziale vengono “misurati” nel tempo e nello spazio tramite  la velocità della luce.   Vengono recuperati il Tempo assoluto e lo Spazio assoluto. Il rallentamento del tempo e la contrazione dello spazio sono considerati effetti reali dipendenti dalla velocità del sistema rispetto al sistema privilegiato. Al vuoto viene riconosciuta la proprietà di scambiare informazioni. . Con la nuova teoria la luce determina il ritmo reale del tempo e la dimensione reale dello spazio dei corpi in funzione della loro velocità. Due Sistemi possono relazionarsi tra loro tramite il sistema luce. Riguardo l’attendibilità della nuova Teoria tutti i fenomeni “relativistici” vengono calcolati in modo simile e con lo stesso ordine di precisione della TdR,  ma con una interpretazione reale della deformazione dello spazio e del tempo quindi senza i paradossi della relatività. Inoltre interpreta senza contraddizioni altri  fenomeni come l’effetto Sagnac, dove la TdR ha trovato difficoltà.

4. La Velocità Assoluta di un Sistema 

4.1 Percorsi UNIDIREZIONALI della Luce. Secondo l’interpretazione fin qui espressa la deformazione dello spazio e del tempo dipenderebbe dalla velocità assoluta del sistema rispetto al Sistema Luce. per cui è necessario determinare tale velocità v.    L’esperimento di MM,  sebbene utilizzi un solo SRI,   non è idoneo a determinare la velocità v del sistema in quanto i 2 raggi di luce,  compiendo percorsi di andata e ritorno,  arrivano contemporaneamente.  Affinché gli esperimenti siano idonei si ritiene che, oltre ad essere costituiti da un solo sistema, i raggi di  luce devono compiere percorsi unidirezionali. Due di essi sono l’esperimento di Sagnac, e l’aberrazione cinematica della luce.

4.2 L’esperimento di Sagnac. E’ un Sistema (non inerziale) costituito da un disco in rotazione con velocità ω, di raggio R e due raggi di luce che percorrono i bordi del disco in senso opposto. I raggi partono da un punto A del bordo del disco e arrivano al punto B diametralmente opposto ad A. Se il disco è fermo (ω =0) i raggi  arrivano in B entrambi dopo un tempo t =π*R/c. Se il disco ruota i tempi impiegati dai 2 raggi sono diversi: per quello che va incontro a B  risulta minore: t1 = π*R/(c+Rω) (1a)  per  l’altro che rincorre B risulta maggiore: t2 = π*R/(c-Rω)  (1b) .

La differenza di tempo Δt = 2π*R2ω/(c2-R2ω2) ≈ 2π*R2ω/c2  (2) [1]        mentre  la velocità di rotazione del disco rispetto al Sistema Luce ω = Δt c2/ (2π*R2)      (3) .

Occorre evidenziare che in tale esperimento abbiamo considerato la velocità dei 2 raggi di luce indipendente dal moto della sorgente-disco. Il suddetto esperimento comporta un solo SRI: il disco, per cui non possono essere applicate le TL ossia la Relatività. Si ritiene  che l’esperimento possa essere descritto come un banale fenomeno di fisica classica. La differenza di tempo dell’effetto Sagnac dimostra che la velocità della luce è diversa nelle due direzioni, in contrasto con il 2° postulato che ipotizza la velocità della luce costante in tutte le direzioni.  I relativisti tuttavia obiettano che il sistema disco in rotazione non costituisca un sistema di riferimento inerziale (SRI) e che l’esperimento suddetto possa essere spiegato con la RS o la RG (spiegazioni che risultano non prive di contraddizioni) [2].

 [1]  L’effetto sagnac – Corsi di Laurea in Fisica pag. 19

[2] L’effetto sagnac – Corsi di Laurea in Fisica Conclusioni e discussioni pag. 57 “… numerosi sono i problemi che nascono quando si cerca di inquadrare l’effetto, sia nell’ambito della teoria della relatività generale che ristretta. …. abbiamo anche osservato che il corretto risultato sperimentale si ottiene solo e soltanto mediante una scelta “fortunata” dei sistemi di riferimento, cosa che contraddice la stessa teoria della relatività.  “

4.2.1 Effetto Sagnac e rotazione assoluta. L’effetto Sagnac ha applicazioni pratiche nel giroscopio laser per determinare la rotazione di un velivolo (aereo, nave, …) nello spazio. L’utilizzo di 3 giroscopi nei 3 assi ortogonali permette di individuare la rotazione nello spazio della navicella. L’effetto Sagnac, inoltre, viene utilizzato per correggere la sincronizzazione degli orologi dei GPS. Le onde radio che si scambiano i satelliti quando viaggiano in senso opposto, a causa della rotazione terrestre, devono tener conto dell’effetto Sagnac per sincronizzare gli orologi.

Consideriamo due sistemi di riferimento dotati di giroscopi laser (dischi di Sagnac). I due sistemi, indipendentemente fra loro e senza alcun riferimento con l’esterno, sono in grado di determinare la loro rotazione assoluta facendo riferimento entrambi ad un unico sistema fisso (che si ritiene essere il Sistema Luce).

4.2.2 Effetto Sagnac e velocità assoluta Consideriamo un disco di Sagnac di raggio R molto grande e una piccola asta L di centro B ed estremi AC solidale e tangente al disco (vedi figura in basso). Con una velocità di rotazione ω molto piccola, per un piccolo intervallo di tempo dt, il moto dell’asta può approssimarsi ad un moto rettilineo uniforme con velocità v = ω*R.  Cioè l’asta può approssimarsi ad un SRI. Ricordando i tempi impiegati dai 2 raggi nel disco: t1 = π*R/(c+Rω) e  t2 = π*R/(c-Rω),  i tempi impiegati dai 2 raggi per arrivare agli estremi A e B dell’asta saranno:    tA = L/(c+v)   e   tc =L/(c-v) [1]  ,   mentre la differenza risulta:  ΔtAC = 2Lv/(c2 –v2) ≈ 2L*v/c2    (3), da cui è possibile ricavare la velocità  dell’asta: v ≈ c2 *ΔtAC/2L[2]                (4).

Sagnac 2                            ΔtS = 2πR2ω/(c-Rω) – 2πR/(c+Rω) = 2πR2ω/(c2– (Rω)2)                                    Δt = tC – tA = L/(c-v) – L/(c+v)) =  2*v* L/(c²-v²)

Un disco di Sagnac molto grande e una velocità di rotazione molto piccola  permetterebbe di determinare la velocità v del sistema rispetto alla luce. In natura la Terra in rotazione può considerarsi un grande disco di Sagnac. in tal caso, poiché la rotazione avviene attorno ai poli, l’asta AC dovrà essere disposta lungo una parallela. [1]

[1] Per misurare i tempi di arrivo dei 2 raggi in A e C si potrebbero sincronizzare due orologi in B e trasportarli in A e C con la stessa velocità così da subire entrambi una uguale dilatazione temporale. La differenza temporale non dipenderà così dall’orologio in B, ma da 2 orologi che dopo la sincronizzazione subiscono uguali spostamenti con la stessa velocità ma direzioni opposte.

[2] Nel caso in cui la velocità v è relativistica occorre determinare la contrazione   dell’asta. In tal caso in prima approssimazione poniamo L senza contrazione L(0). In seconda approssimazione nota v ricaviamo la lunghezza L contratta L(v) . Per iterazioni successive ricaviamo quindi la velocità:     v ≈ c2 *ΔtA /2Lγ mentre i tempi diventano: tA = Lγ/(c+v) e tC =Lγ/(c-v)   da cui si può ricavare:    tA/tC =(c-v)/(c+v).

Velocità e rotazioni assolute. Sistemi di riferimento inerziali dotati di strumenti di Sagnac lineari (molto grandi), indipendentemente l’uno dall’altro, senza alcun riferimento con l’esterno, sarebbero in grado di determinare  tramite la 4.2.2 la velocità di traslazione v ≈ ΔtAC c2  /2L. Con 3 giroscopi laser e 3 strumenti Sagnac lineari sarebbe possibile determinare la rotazione e la velocità della navicella rispetto  al Sistema Luce.

4.3. Aberrazione cinematica

Il fenomeno dell’aberrazione si verifica sia con la pioggia che con la luce ma è più evidente con la pioggia. Se, ad esempio, da fermi la pioggia cade  verticalmente con una velocità c , muovendosi con una velocità v le gocce ci colpiscono con una inclinazione (angolo di aberrazione) Ψ ≈ v/c  e con una velocità r = c*(1+v²/c²)^½.  In generale noto l’angolo Φ compreso tra le velocità c e v  è possibile ricavare la velocità risultante rAberraz direzioniA tale scopo si può fare variare l’angolo Φ facendo ruotare la velocità c attorno ad O. Si ottiene così un cerchio di centro O e raggio c che chiamiamo cerchio di aberrazione (vedi figura).  Da esso si può ricavare l’angolo Ψ e la velocità r in funzione di Φ.

tanΨ = BC/AC = v*senΦ/(c+v *cosΦ)          (1)                |r| = (c+v *cosΦ)2+ (v*senΦ)2)1/2      (2)

 Qualora si potesse viaggiare a una velocità paragonabile a quella della luce, i raggi di luce ci arriverebbero tanto più inclinati e fitti quanto più alta sarebbe la nostra velocità.  Questo effetto viene definito aberrazione stellare. Per velocità relativistiche dell’osservatore occorre tenere conto della contrazione relativistica.

4.3.1 Aberrazione e velocità assoluta. Supponiamo di non conoscere la propria velocità e di trovarci nell’istante iniziale nel punto O. Se da tale punto si emettono dei lampi di luce in tutte le direzioni dopo il tempo unitario essi si troveranno sulla circonferenza di centro O e raggio c mentre noi ci troveremo in un punto C sconosciuto. Se osserviamo la suddetta circonferenza si rileva però che  è sufficiente conoscere 2 angoli Ψ per conoscere tale punto C, in quanto intersezioni delle 2 direzioni r. Per il calcolo della velocità v, si può posizionare il braccio OA lungo una direzione e fare partire da O un lampo di luce nella direzione OA. Poiché il braccio OA è in moto il lampo di luce percorrerà una direzione che formerà con la direzione OA un angolo di aberrazione Ψ che possiamo misurare e con esso la direzione di r.   Posizionando il braccio in un’altra direzione OA’ otteniamo un altro angolo Ψ’ e un’altra direzione r’. L’intersezione delle 2 direzioni trovate da il punto C, quindi la nostra velocità v= OC. [1]

[1] Tale fenomeno di aberrazione corrisponde all’aberrazione stellare dove il cannocchiale deve essere inclinato (secondo l’angolo di aberrazione) per far arrivare i raggi di luce all’oculare del cannocchiale , qui invece i raggi  effettuano il percorso inverso partono da O (corrispondente all’oculare)2. 

4.3.2. Ellisse di aberrazione relativistica.  Poiché nei sistemi in moto con velocità v si ha una dilatazione 1/γ del tempo il suddetto cerchio di aberrazione si dilata lungo la direzione del moto e assume la forma di una ellisse (vedi ellisse di aberrazione del paragrafo 3.2), quindi dalla (1) si ha:  tanΨ’ = v*senΦ /γ*(c+v *cosΦ).  Si fa rilevare che a meno della contrazione 1/γ per l’osservatore in moto le velocità radiali c e la velocità v si sommano come per l’aberrazione cinematica. Ossia per l’osservatore in moto la luce può assumere velocità maggiori o minori di c. Inoltre l’angolo di aberrazione non dipende dal moto delle stelle (proprietà 1) ma solo dalla velocità dell’osservatore in quanto la velocità c della luce emessa dalle stelle è costante.  L’ellisse di aberrazione si ritiene una prova che esiste un sistema di riferimento privilegiato per il quale l’ellisse di aberrazione è un cerchio. Per il “Sistema Luce” non si hanno fenomeni di aberrazione.

Per spiegare l’aberrazione relativistica possiamo utilizzare il filmato sfere e aberrazione. In esso la condizione data è che i percorsi di andata e ritorno dei raggi di luce dal centro alle pareti siano uguali. Si osserva che per l’osservatore solidale con il sistema luce i punti di contatto tra i raggi di luce (che partono dal centro) e le pareti della sfera (contratta lungo la direzione del moto) costituiscono l’ellisse di aberrazione. Si fa notare che nella sfera ferma l’osservatore al centro non vede i raggi deviati Ellisse aberraz Sfera (aberrati)  in quanto l’ellisse di aberrazione è una circonferenza.

Nella sfera in moto (in rosso e contratta lungo la direzione del moto) i raggi di luce partono dall’origine O (0;0),  toccano  le pareti della suddetta sfera in istanti diversi e arrivano al centro O’ contemporaneamente dopo un tempo        2t’ = 2t*γ       con   γ =1/(1-v2/c2)1/2.    In tale intervallo di tempo il centro O si sposta in O’ di OO’= 2v*t’ = 2vt*γ, mentre i raggi percorrono nel tempo 2t’ = 2t*γ tutti lo stesso spazio OPO’ = 2ct*γ. I punti di contatto Pi tra i raggi e la sfera in moto descrivono l‘ellisse blu avente fuochi O e O’,   semiasse maggiore RS = ct*γ e semiasse minore r = ct. Posto PS = ct =1:

  • OS = OO’/2 = vt*γ = β*γ,
  • RO = RS-OS = (c–v)t*γ  =  ct*(1-β)*γ = (1-β) *γ,
  • RO’= RS+OS = (c+v)t*γ  = ct*(1+β)*γ= (1+β)*γ.

4.3.3 Effetto Sagnac e Aberrazione – stesso fenomeno. Se dividiamo membro a membro le distanze:     RO/RO’ = (c-v)/(c+v)  e dividiamo i tempi impiegati dai raggi per l’asta L in moto:    tA/tC =(c-v)/(c+v)   si ricava la relazione RO’/RO = tA/tC =c*tA/c*tC , ossia i bracci  dell’ellisse RO’ ed RO sono proporzionali alle distanze  AB e BC dell’asta L percorse dai raggi.  Cioè l’elisse di aberrazione, l’asta in moto e il disco di Sagnac in rotazione sono fenomeno costituiti da un  sistema in moto e raggi di luce che effettuano percorsi unidirezionali. Per essi si ha la somma delle velocità c+v e c-v (che contraddicono il 2° postulato). Si osserva che i  raggi:

  •  Nell’asta in moto e nel disco in rotazione partono dal sistema in moto (il centro B dell’asta);
  •  Nell’ellisse di aberrazione partono dalle stelle e arrivano al sistema (osservatore in moto).

NOTA: In Appunti di Relatività Speciale -Roberto Casalbuoni -Dipartimento di Fisica dell’Università di Firenze a.a. 2004-2005 sul sito: http://theory.fi.infn.it/casalbuoni/lavori/relativita.pdf a pag. 31 per spiegare l’aberrazione relativistica si fa ricorso al riferimento assoluto. Ciò è palesemente in contraddizione con la RS che non ammette alcun riferimento particolare.

4.4 L’effetto Doppler. Mentre l’aberrazione costituisce la composizione della velocità c (costante) della luce  e della velocità v del sistema. L’effetto Doppler (blueshift e redshift), oltre alla composizione delle 2 velocità “c” e “v” (aberrazione), tiene conto della variazione della distanza tra sorgente e osservatore, la quale crea un cambio di frequenza. Le formule dell’effetto Doppler risultano pertanto uguali a quelle dell’aberrazione, se alla  velocità assoluta v del sistema si sostituisce la velocità relativa v’ tra osservatore e sorgente (stelle). Infatti se consideriamo le distanze/velocità RO ed RO’ dell’ellisse di aberrazione  ponendo β’ = v’/c gli effetti Doppler relativistici in avvicinamento e in allontanamento valgono:

  • RO’ =   (1+β’)*γ  =   (1+β’)/ (1-β’2)1/2    =    ((1+β’)2/ (1-β’2))1/2   =  ((1+β’)/ (1-β’))1/2
  • RO  =   (1-β’)*γ   =   (1-β’)/ (1-β’2)1/2    =      ((1-β’)2/ (1-β’2))1/2   =  ((1-β’)/ (1+β’))1/2

Riassumendo:

  1. La RS non è idonea a spiegare i fenomeni con 1 solo SR (sistema di riferimento);
  2. Considerando le 2 proprietà della luce è possibile definire il Sistema Luce.
  3. Il Sistema Luce permette lo studio dei fenomeni con 1 solo SR;
  4. Con fenomeni aventi 1 solo SRI e luce bidirezionale è possibile spiegare la reale deformazione dello spazio e del tempo proprio del sistema;
  5. Con fenomeni aventi 1 solo SRI e luce unidirezionale è possibile trovare i moti di traslazione e rotazione assoluti (reali) dei sistemi.