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Aberrazione cinematica

Aberrazione cinematica. Aberraz PioggiaViene definita aberrazione cinematica la diversa direzione della pioggia, luce ecc.  percepita dall’osservatore in moto rispetto all’osservatore fermo. Ad esempio quando piove in assenza di vento e stiamo fermi è evidente che le gocce che ci bagnano stanno lungo la nostra verticale. Se la pioggia cade con velocità p e l’osservatore è in moto con velocità v, questi, vede cadere la pioggia con una velocità complessiva r = p -v, mentre le gocce che ci colpiscono ogni secondo (Δt = 1) stanno su una colonna avente inclinazione v/p, rispetto alla verticale, e lunghezza L= 1*(p2+v2)1/2 metri. Per tale motivo ad esempio quando si viaggia in auto la quantità di pioggia sul parabrezza aumenta mentre su lunotto diminuisce.

Posto p= c e indicato con Φ  l’angolo tra le velocità c e v, il vettore risultante r = c-v forma con c l’angolo di aberrazione Ψ con:   Aberraz direzioni            tan(Ψ) = BC/AB = v*sen(Φ)/(c+v *cos(Φ))     (1)     mentre il modulo r = ((c+v *cos(Φ))2+ (v*sen(Φ))2)1/2     (2)

Se ruotiamo la velocità c attorno ad O e lasciamo invariata la velocità v,  si ottiene un cerchio di centro O e raggio c, in cui possiamo misurare, per ogni angolo Φ compreso tra i vettori c e v, l’angolo di aberrazione Ψ e il modulo di r.   Dalla (1)  si rileva che per Φ =90° l’aberrazione tan(Ψ) = v/c  è massima   (c e v sono ortogonali) mentre per Φ =90° l’aberrazione Ψ =0 (c e v hanno la stessa direzione). Dalla (2) si rileva che il vettore r  converge sempre nel punto C distante v da O e varia da un massimo di  r  = c+v ad un minimo di r = c-v.

Aberrazione stellare. Si chiama aberrazione stellare la direzione apparente delle stelle dovuta alla velocità relativa Terra-Luce. Infatti il moto v della Terra attorno al Sole si compone con la velocità c della luce delle stelle. L’aberrazione è massima per le stelle poste nella direzione ortogonale al piano dell’eclittica, ossia ortogonale alla velocità v della Terra, mentre è nulla per le stelle poste sull’eclittica (ossia parallela alla velocità v della Terra).  Se si osserva la posizione della stella per un anno essa descrive una ellisse più o meno schiacciata dipendente dalla sua posizione rispetto al piano dell’eclittica. Infatti, poiché la Terra compie una rotazione attorno al Sole, la velocità v della Terra compie una rotazione (ellisse), così come la risultante r = c-v  della velocità c della luce  e v della Terra.

In aberrazione stellare  sono rappresentati dei fotoni  con direzione verticale mentre il cannocchiale e in moto orizzontale. I fotoni osservabili dal cannocchiale (ossia che lo attraversano) in moto con velocità v, hanno un angolo di inclinazione/aberrazione v/c. Quando si è in moto,  come per le gocce di pioggia,  il numero di fotoni che ci arriva dipende dalla direzione del nostro movimento rispetto alla direzione dei fotoni ed è proporzionale alla risultante r dei vettori velocità r = v .  Tale relazione (che descrive un fenomeno della natura), a parere dello scrivente, contraddice il 2° postulato della TdR.

Aberrazione relativistica – Ellisse di aberrazione. Se si osserva la volta celeste per trovare l’aberrazione di ogni stella possiamo considerare il cerchio sopra descritto, considerando v la velocità della Terra e la velocità c della luce delle stelle proveniente da tutte le direzioni. Tali direzioni a causa dell’aberrazione vengono percepite con direzione r e confluiscono nel punto C decentrato della velocità v. Nel caso in cui la velocità v fosse elevata per calcolare l’aberrazione occorre tenere conto della reale contrazione 1/γ (<1) del corpo lungo la direzione del moto. Per l’osservatore in moto: l’ellisse rossa corrisponde al cerchio mentre il cerchio suddetto di raggio c corrisponde all’ellisse blu di assi c e  c*γ .

Dalla (1) si ricava pertanto la relazione:  tan(Ψ) =  v*sen(φ)/ (c+v*cos(φ))*γ   (1a). Dalla quale si  rileva che per Φ =90°  tan(Ψ) = v/(γc) è massimo (c e v sono ortogonali) mentre per Φ =90° l’aberrazione Ψ =0.

Un altro modo per ricavare l’aberrazione relativistica utilizza l’esempio delle sfere in moto.  Abbiamo visto che la sfera in moto subisce una contrazione, pertanto per l’osservatore in moto la sfera (dei raggi) di luce viene vista come una ellisse  (di aberrazione) allungata nella direzione del  moto. Dalla sfere  in moto si osserva che i punti di contatto tra i raggi (che partono dal centro) e le pareti della sfera in moto compongono l’ellisse di aberrazione cercata.  L’osservatore solidale con Ellisse aberraz Sferala sfera ferma (nera)  non vede nessuna deviazione dei raggi. L’osservatore solidale con la sfera in moto (rossa e contratta lungo la direzione del moto) vede i raggi di luce deviati. Infatti i raggi partono dall’origine O (0;0), toccano le pareti della suddetta sfera in istanti diversi e arrivano al centro O’ contemporaneamente dopo un tempo 2t’ = 2t*γ (con γ =1/(1-v2/c2)1/2).  In tale intervallo di tempo il centro O si sposta in O’ di OO’= 2v*t’ = 2vt*γ, mentre i raggi nel tempo 2t’ = 2t*γ percorrono tutti lo stesso spazio OPO’ = 2ct*γ. Poiché i raggi partono tutti da O e arrivano in O’ nello stesso istante, hanno lunghezza uguale, i punti di contatto raggi-sfera (rossa) Pi descrivono l‘ellisse blu di fuochi O e O’, semiasse maggiore RS = ct*γ, semiasse minore r = ct (poniamo r= ct =1).

Si ha:   OO’= 2v*t’ = 2vt*γ ,    PS = ct = 1 ,   OS = OO’/2 = vt*γ,    RS = ct*γ;

RO = RS-OS = ct*γ  – vt*γ = ct*(1-β) *γ      RO =  (1-β) *γ = (1-v/c)* γ,

OS = RS- RO = γ – (1-β) *γ = β*γ ,    RO’ = RO + OO’ =  (1-β) *γ  + 2β*γ =   (1+v/c)*γ 

 Si fa osservare che tutti i raggi di luce, che partono dalle pareti della sfera in moto, arrivano nel fuoco O’ contemporaneamente. Cioè l’osservatore in moto v vede arrivare i raggi di luce, provenienti  dalla sfera (celeste) nel punto O’, deviati e deformati secondo tale ellisse (di aberrazione).

L’ellisse di aberrazione si ricava quindi dilatando la sfera nella direzione del moto di  un fattore γ per cui il punto C , in cui convergono i raggi, dista v*γ da O. Si evidenzia che nell’aberrazione relativistica le velocità radiali c e la velocità v si sommano e si sottraggono come per l’aberrazione cinematica.

L’aberrazione della luce, a mio parere, contraddice il 2° principio della relatività secondo cui la velocità della luce è costante in tutti i sistemi di riferimento (cioè una persona sia ferma sia in moto percepisce la stessa velocità della luce). L’aberrazione luminosa infatti fa percepire la luce in una direzione diversa dalla direzione effettiva a causa del movimento v dell’osservatore.  La direzione risultante r = c-v (differenza vettoriale della velocità luce c e della velocità  dell’osservatore v), costituisce la velocità vettoriale della luce percepita dall’osservatore.

Effetto Doppler relativistico.  L’effetto Doppler (blueshift e redshift), che è l’aumento/diminuzione della frequenza  a causa del moto relativo tra sorgente e osservatore, ha la stessa formula dell’aberrazione a meno di sostituire la velocità v dell’osservatore con la velocità relativa tra osservatore e sorgente (stelle). Pertanto l’ellisse di aberrazione  non è valida per l’effetto Doppler.

L’effetto Doppler relativistico in avvicinamento e in allontanamento, ricordando che β =v’/c e che v’ è la velocità Osservatore-Stella, vale :

RO’ =  (1+β)*γ  =   (1+β)/ (1-β2)1/2;= ((1+β)2/ (1-β2))1/2   =  ((1+β)/ (1-β))1/2 

RO =   (1-β)*γ  =   (1-β)/ (1-β2)1/2;= ((1-β)2/ (1-β2))1/2   =  ((1-β)/ (1+β))1/2

Sistema Luce e nuovo significato delle grandezze relativistiche.

 Se si osservano le equazioni (1) e (1a) si nota che in entrambi l’aberrazione si ottiene dalla somma vettoriale della velocità v e della velocità c della luce proveniente da tutte le direzioni. In entrambi  i casi la risultante r di c e di v non rimane costante, ciò, in disaccordo con il 2° postulato della Relatività che prevede la costanza della velocità della luce c in tutte le direzioni. D’altra parte si è visto che, per ottenere l’ellisse di aberrazione relativistica, non si è applicato il 2° postulato della relatività, ma la condizione della costanza della velocità della luce in un percorso di andata e ritorno.

L’ellisse di aberrazione dimostra cioè che i sistemi di riferimento non sono tutti uguali per cui il 2° postulato è errato. Infatti, se l’ellisse di aberrazione è una circonferenza la velocità v dell’osservatore deve essere nulla per tutti i raggi di luce, qualunque sia la loro direzioni. Tale sistema può considerarsi un sistema di riferimento privilegiato, a differenza di quanto prevede la Relatività.   Poiché per tale sistema non si hanno fenomeni di aberrazione della luce esso si potrebbe chiamasi “Sistema Luce”.

Definito in tal modo il “Sistema Luce”, facendo riferimento ad esso possiamo definire la velocità (assoluta) di tutti gli altri  sistemi. Definire, in maniera concreta (e non come vengono definite dalla Relatività),   l’energia a riposo e l’energia relativistica  riferita al Sistema Luce.

Disgressioni sul significato temporale e spaziale dell’aberrazione.

Poiché  l‘energia (della luce) può essere definita come il numero n di quanti h nell’unità di tempo t: E= h*v = h*n/t (in quanto  v= n/t) e considerato che il tempo si dilata con la velocità: t’ = t*γ  (per cui l’ellisse si dilata), si può supporre che l’energia relativistica: E’ =n*h/t’ aumenti in quanto in un intervallo di tempo più lungo scorra più luce. Ossia, fissato lo spazio, maggiore è il tempo t’ maggiore è il numero di quanti (fotoni) che attraversano tale spazio.

Poiché la quantità di moto della luce può essere definita come il numero n di quanti h nell’unità di spazio L:                P = h*n/L (in quanto la λL/n) e considerato che lo spazio si contrae con la velocità L’=L/γ  si può supporre  che la quantità di moto relativistica: P’ = h*n/L’ diminuisca in quanto, in un intervallo di spazio più corto, sia presente meno luce. Ossia fissato il tempo, minore è lo spazio L’ minore è il numero di quanti (fotoni) contenuti in tale spazio.

Non sembra superfluo, altresì, supporre dei legami tra onde stazionarie in un atomo e i percorsi di andata e ritorno delle onde di luce. …

Il Diagramma Spazio-Tempo di Minkowski.

Il diagramma Spazio-Tempo di Minkowski.

Nel filmato sfere in moto  si osserva perché  e come in un sistema in moto  il tempo si dilata e lo spazio si contrae con la velocità.

Rappresentiamo adesso nel diagramma Spazio-Tempo di Minkowski (X;T) il moto della sfera e il percorso dei raggi per trovare gli assi X’ e T’ per la suddetta sfera. Il centro della sfera e le 2 pareti (anteriore e posteriore) della sfera descrivono nel tempo 3 rette parallele  passanti rispettivamente per O, per a e b, aventi inclinazione v rispetto alla verticale (se ad esempio v= 0,3*c la retta del centro della sfera passa per l’origine (0;0) e per il punto  (1; 0,3). I raggi di luce a’ e b’ nel tempo descrivono i segmenti OA’O’ e OB’O’ inclinati di 45° in quanto si è posto la velocità della luce  c=1.  Poiché la sfera si  contrae all’aumentare della velocità v le rette a e b si avvicinano fra loro di  (1-v^2)^0,5.

L’aDiagramma Minkowskisse degli Spazi X’ e dei Tempi T’ per il sistema in moto I raggi di luce a’ e b’  partono da O (centro della sfera al tempo t=0) e incontrano le pareti (rette a e b) nei punti A’ e B’  quindi ritornano al centro O’ nello stesso istante dopo un tempo t’. Si fa notare che:  OA’ = B’O’ e A’O’ = OB’, e che i punti OA’O’B’  formano un rettangolo  ruotato di 45°.  Le diagonali  OO’ e A’B’ di tale rettangolo sono le direzione degli assi T’ e X’ cercati. Infatti l‘asse T’ è il percorso del centro della sfera nel tempo, l’asse X’ passante per i punti A’ e B’, è l’asse di simultaneamente. Per l’osservatore in moto, infatti, i raggi che partono dal centro contemporaneamente devono arrivare contemporaneamente alle pareti (punti A’ B’). Gli assi T’ e X’ risultano simmetrici al raggio di luce passante per l’origine di tali assi. Da tale diagramma si osserva che un segmento solo spaziale per un osservatore per l’altro è spaziale e anche temporale e viceversa un segmento solo temporale per un osservatore per l’altro è temporale e anche spaziale.

Nel filmato sotto i raggi a’ e b’ partono dal centro della sfera O toccano le pareti nei punti A’ e B’ quindi ritornano al centro in O’. Il tempo impiegato dai raggi  t’ è maggiore di t (a sfera ferma).

Si osserva che all’aumentare della velocità: a) la distanza tra le rette a e b si contrae (contrazione della sfera nella direzione del moto);   b) gli assi da ortogonali per v=0 si inclinano entrambi verso i di 45° della luce;  c) il punto O’ descrive l’iperbole (equilatera) dei tempi t’ unitari in funzione della velocità.

Calcolo grafico delle unità di tempi e di lunghezze.

Trovati gli assi T’ e X’ per il sistema in moto calcoliamo le unità di tempo e di spazio. Disegniamo un cerchio di centro O e raggio unitario OB = 1. Posta la velocità della luce c=1, da O lungo l’orizzontale riportiamo la velocità v = OA  e dal punto A la verticale. L’intersezione di tale verticale con il cerchio definisce il punto B (figura 2). Il valore di AB costituisce il coefficiente di contrazione spaziale, mentre 1/AB costituisce il coefficiente di dilatazione temporale.

Spiegazione: Nella sfera ferma il raggio di luce parte dal centro O verso il soffitto e percorre il tratto verticale AB nel tempo proprio t. Nella sfera in moto il raggiSpazi tempi unitario parte dal centro O e percorre il tratto obliquo OB in un tempo proprio t’ >t. Il rapporto t’/t costituisce il coefficiente di dilatazione temporale cercato. Calcolo: Del triangolo rettangolo OAB noti OB =1 e OA= v  per il teorema di Pitagora BA= BO2 -OA2= 1- v2 da cui  BA=  (1-v2)1/ I lati del triangolo risultano proporzionali ai tempi t e t’ : OB/BA = t’/t = c/d = 1/(1-v2)1/2 = 1/γ,  e alle distanze x e x’ : BA/OB = x’/x = d/c = γ.

Nota: Il tempo t’x che impiegherebbe il raggio a percorrere lo spazio in andata e ritorno nella direzione del moto  (vedi figura 1) sarebbe  OO’ = t’+t’’ = r/(c+v)+r/(c-v) =  r(c+v+c-v) / (c2-v2) = 2rc/(c2-v2) = 2r/c/(1-v2/c2)   →   t’x= r/c/(1-v2/c2)= t/(1- v2/c2)    posto γ = (1-v2)1/2  ossia  t’x = t / γ2.    Poiché il rapporto tra i tempi t’ e t’x  sarebbe allora: t’/t’x  = 1/γ (che comporterebbe un  arrivo dei raggi lungo x in ritardo rispetto agli altri raggi), è necessaria una contrazione γ lungo la direzione del moto per rispettare la condizione che la luce (nel percorso di andata a ritorno) abbia la stessa velocità.

Confronto tra i 2 diagrammi  T-X e T’-X’.

  1. Al variare della velocità gli assi T’, X’   risultano speculari al raggio di luce per cui la  velocità della luce è sempre  c=1;
  2. Per  v = 0 gli assi T’e X’  coincidono con gli assi T e X , con l’aumento di v gli assi T’ e X’  si avvicinano al raggio di luce;
  3. Due eventi A’ e B’ simultanei per il sistema S’ non lo sono per S; analogamente i due eventi A e B simultanei per S non lo sono per S’;
  4. Un evento che in S (S’) si muove solo nello spazio o nel tempo in S’ (S) si muove sia nello spazio che nel tempo;
  5. Una maggiore inclinazione (velocità) di T’ rispetto a T indica un rallentamento del tempo e una contrazione dello spazio X’ rispetto a X;
  6. Qualunque sia la velocità del sistema S la luce ha sempre inclinazione di 45° (c costante) e ha sempre direzione  verso l’alto (tempo in avanti);
  7. Il punto di intersezione degli assi rappresenta l’evento presente (qui e ora);
  8. Il cono di luce con T positivo costituisce il futuro mentre il cono di luce con T negativo costituisce il passato;
  9. Eventi fuori dal cono di luce futuro non possono influire sul futuro in quanto i segnali non possono propagarsi a velocità superiori alla   luce.

Il paradosso dei gemelli.

RR GemelliRiportiamo nel diagramma  trovato il famoso paradosso dei gemelli. Il 1° gemello fermo è rappresentato con la freccia nera. Il 2° gemello in moto è rappresentato dalla freccia rossa e si allontana dal 1° gemello con velocità v = 0,8*c (con c=1 velocità della luce). Dopo un tempo 5 anni ritorna dal suo gemello e alla stessa velocità -v. Per il 1° gemello rimasto fermo sono passati  t = 10 anni, per il 2° gemello sono passati t’ = t*(1-v2)1/2  = 10*(1-0,82)1/2  = 10*0,6 = 6 anni. Ogni anno del suo orologio  il 1° gemello trasmette un segnale radio (raggi blu) al 2° gemello. Anche il 2° gemello emette ogni anno del suo orologio un segnale radio (raggi gialli) al 1° gemello.  Sappiamo che il tempo del 2° gemello essendo in moto scorre più lentamente, 1 anno del suo tempo corrisponde a 1/0,6 = 1,67 anni del suo gemello.

Dalla figura si osserva che il numero di segnali trasmessi dal 1° gemello sono 8, mentre il numero di segnali trasmessi dal 2° gemello sono 7. Cioè per il 1° gemello sono trascorsi t = 8 anni, per il 2° gemello in moto sono trascorsi t’ = 7 anni. Sapendo che il gemello in moto ha viaggiato alla stessa velocità sia in andata che al ritorno possiamo calcolare la velocità relativa alla quale ha viaggiato il gemello: t’/t = 7/8 = (1-v2)1/2   ⇒   0,875 =  1 -v2     ⇒  1- 0,765  = 0,235 = v 2    da cui v = 0,484 la velocità della luce.

 

Treno in galleriaRR Treno Galleria

Un altro esempio relativistico noto è il treno e la galleria Il treno in moto è rappresentato da un segmento lungo la direzione X’ e trasla nel tempo T’ (parallelogramma giallo) alla velocità v. La galleria è rappresentata da un segmento lungo l’asse X e trasla solo nel tempo T (rettangolo azzurro). Per l’osservatore fermo il treno in moto subisce la contrazione relativistica.

Nella figura in nero sono indicati i tempi per l’osservatore a terra, in rosso i tempi per l’osservatore sul treno. Si nota che la testa del treno per l’osservatore a terra entra  nella galleria nell’istante ET-nero, mentre per l’osservatore sul treno  nell’istante ET-rosso.  La testa del treno esce dalla galleria nell’istante UT-nero  per l’osservatore a terra e nell’istante UT-rosso per l’osservatore sul treno. Infine la coda del treno per l’osservatore a terra entra nella galleria nell’istante EC-nero   mentre per l’osservatore sul treno nell’istante EC-rosso . Si osserva che l’evento EC-nero avviene prima di UT-nero, mentre  UT-rosso avviene prima di EC-rosso. Cioè per l’osservatore sul treno prima esce la testa UT poi entra la coda EC, cioè il treno non si troverà mai per intero all’interno. Per l’osservatore a terra prima entrala coda EC poi esce la testa UT, cioè nell’intervallo di tempo UT-EC il treno si troverà per intero all’interno.

Osservazioni. Per l’osservatore sul treno gli eventi alla testa del treno sono simultanei con quelli alla coda, mentre per l’Osservatore a terra sono in ritardo gli eventi alla testa (non simultaneità degli eventi).  Ad esempio per l’osservatore sul treno la testa del treno entra prima in galleria  (ET-rosso prima di ET-nero).

Il quanto: onda o particella?

Premessa. In ambito quantistico i fisici parlano di un mondo fatto di particelle e campi di forze, ma non è chiaro che cosa si intende per particelle e campi di forze, a riguardo si riporta  l’articolo: Che cosa è reale? di Meinard Kuhlmann. Il problema dell’interpretazione quantistica inizia già con le domande i quanti h  e gli elettroni sono  onde o particelle?

Onde di Materia. Ad esempio nell’effetto Compton, che descrive l’urto perfettamente elastico tra un fotone e un elettrone, si ha la conservazione dell’energia e della quantità di moto del sistema fotone-elettrone.  Da esso si ricava: La lunghezza d’onda di Compton λ = h/mv di una particella di energia E = m*c2  è uguale alla lunghezza d’onda di un fotone di uguale energia E = h*v. Cioè particelle e fotoni aventi uguali energie  (m*c2 = h*v) hanno la stessa lunghezza d’onda (di Compton) λ.

Il Vuoto come campo quantizzato. Riprendiamo la relazione E = h*ν (1) scritta nella forma h = E/si evince che  il quanto h costituisce l’energia di una singola oscillazione (del campo elettrico e magnetico). Poiché il fotone h (onda elettromagnetica) si propaga nel vuoto solo per quanti h, si può supporre che il quanto h sia una proprietà del vuoto, ossia che il vuoto possa oscillare solo per  quanti h = ΔE*Δt (con Δt  tempo di una oscillazione). Valori di energia*tempo inferiori ad h non producono oscillazioni/perturbazione del vuoto. In breve, con queste poche considerazioni si è passati dalle particelle che hanno una lunghezza d’onda ai quanti che si possono ipotizzare delle perturbazioni del vuoto.

Rappresentazioni del quanto. Il quanto h ha  le dimensioni dell’azione A cioè:  massa*velocità*spazio e vale h= 6*10-34Js, per cui potrebbe essere costituito da una quantoparticella di massa           m=E/c2 che si muove avanti e indietro con velocità +v e -v all’interno di una scatola di lunghezza Δx. Posta la variazione di velocità Δv = 2v,  si ha:   h= mΔv*ΔxNel diagramma (mv ; x)  detto spazio delle fasi, il quanto h è rappresentato dall’area m*2v*Δx.   Se la particella è il fotone h con lunghezza d’onda λ = c/ν e velocità  v= c (velocità della luce), quando il fotone/onda colpisce la parete l’onda riflessa interferisce con l’onda incidente, per cui:  Se la lunghezza Δx della scatola  è pari ad un numero interno di oscillazioni di lunghezza λ si ha una interferenza costruttiva fra l’onda incidente e l’onda riflessa; viceversa si ha una interferenza distruttiva delle due onde.  Nel primo caso le onde incidenti e le onde riflesse creano le onde stazionarie, per cui il fotone (quanto) oscillando su tutta la lunghezza della scatola  non può essere individuato in un punto, né ha una velocità in quanto onda stazionaria.

Il quanto h potrebbe essere costituito da una particella di massa/energia m= h/(c*λ) in rotazione attorno ad un punto distante r cioè dal vettore  momento angolare o momento della quantità di  moto:  h = L = r /\ m= r*P* sen(θ)  (prodotto vettore) avente valore pari all’area del parallelogramma definito dai  vettori r (distanza) e P (quantità di moto) e con direzione ortogonale al piano definito da tali vettori. Il prodotto vettore potrebbe essere calcolato anche  come: Lz = rx *Py – ry*Px , da  tale formula si nota che il prodotto vettore è anti-commutativo. Il quanto potrebbe, altresì, essere costituito da una particella con momento d’inerzia in rotazione attorno al suo asse con velocità angolare ω:   h = L = I*ω .  Il fotone-quanto h è comunque un vettore costante costituito dal prodotto di due grandezze fisiche.

Quanti e orbitali Consideriamo un oscillatore armonico costituito da una particella fissata  alla estremità di una molla in oscillazione, esso ha energia cinetica Ec = P2/2*m ed energia potenziale Ep = ½*k*x2.  Poiché l’energia totale E deve essere costante si scrive:     P2/2*m + ½*k*x2 = E       →      P2/2E*m + k/2E*x2  = 1.quanto ellisse  Questa è l’equazione dell’ellisse di semiassi   a = √(2E*m)  e   b = √(2E/k)  nello spazio delle fasi (P;x).    Ricordiamo che l’area dell’ellisse è un’azione e vale:   A = π*a*b =π*√(4E2*m/k)  =  2π*E*√(m/k) = E*2π /ω = E*t.  L’area dell’ellisse non può variare per valori infinitesimi ma solo per valori discreti: A= 1h, A= 2h, …  Poiché l’azione  A è quantizzata l’orbita di un elettrone, che ruota intorno a un nucleo atomico, viene interpretata come un’onda con una determinata lunghezza. Essa  è quantizzata in quanto contiene un numero intero di quanti h. Cioè il momento angolare L della particella deve essere uguale ad un numero intero n di quanti h: L = m*v*r =n*h.

L’orbita dell’elettrone,  come detto sopra contiene un numero intero di quanti h ossia di onde, per cui essa si comporta come una corda fissa agli estremi, di lunghezza l  uguale a quella dell’orbita. Nella corda può sussistere solo un numero intero di onde di lunghezze  l, l/2, l/3, … . Tali onde sono le onde stazionarie.  Cioè l’orbita percorsa dall’elettrone è costituita da onde stazionarie nello spazio, ossia l’elettrone si muove all’interno di onde stazionarie. Vediamo di interpretare la relazione: m*v*r = n*h . Da essa si deduce che  la particella m ruota con un momento della quantità di moto pari ad un numero intero n di oscillazioni h. Dal punto di vista energetico si può supporre che l’energia  della particella E = 1/2*m*v2  venga utilizzata per perturbare il vuoto con un numero intero di oscillazioni E= h*v, ossia che la sua energia venga a distribuirsi nel vuoto come quanti h di perturbazione. Il vuoto viene quindi ad essere un campo di oscillazioni (energia E= h/Δt) quantizzato.

La materia come onde stazionarie. L’onda stazionaria è composta da due onde della stessa lunghezza e intensità ma con velocità v opposte ossia:  v e –v.  Le onde stazionarie hanno particolari proprietà:

  • Non trasportano energia (l’onda ha velocita risultante nulla ma ampiezza doppia);
  • Sono stabili (interferiscono costruttivamente fra loro);
  • La sovrapposizione di più onde stazionarie è ancora un’onda stazionaria;
  • Hanno quantità di moto nulla (essendo costituite da onde con velocità opposte);
  • Accumulano energia ‘statica’ (l’energia è ferma ed è distribuita uniformemente su tutta l’onda).

Tutte queste proprietà ci inducono ad ipotizzare che la materia possa essere costituita  da onde stazionarie.  L’onda stazionaria, a differenza dell’onda singola, ha velocità nulla ed oscilla su tutto il suo sviluppo, tra massimo e minimo simultaneamente (i nodi dell’onda stazionaria rimangono fermi), essa inoltre non dipende dal tempo.

Orbita stazionaria dell’elettrone. Nel caso dell’orbita stazionaria dell’elettrone che ruota intorno al nucleo il pacchetto d’onda stazionario è descritto dalla funzione d’onda di Schrodinger Ψ.  Un’onda stazionaria nella sola direzione x è definita dall’equazione differenziale:     d2Ψ/d2x + 4π/λ2*Ψ  = 0      in cui Ψ è la funzione d’onda e rappresenta l’ampiezza mentre λ la lunghezza d’onda.

 Dalla relazione di De Broglie, che ipotizzò un comportamento ondulatorio anche per la materia,  λ = h/mv  sostituendo nell’equazione si ricava: d2Ψ/d2x + 4π h2/m2v2*Ψ  = 0 inoltre poiché l’energia cinetica T è la differenza dell’energia totale E e dell’energia potenziale V, cioè:      T = ½ m2v2 = E – V     →       d2Ψ/d2x + 8π h2/(E-V)*Ψ = 0   essa  è la funzione d’onda stazionaria  lungo x dell’elettrone.

L’intreccio quantistico Se consideriamo i due elettroni di uno stesso orbitale, per il principio di esclusione (di Pauli) essi hanno spin opposti ossia ruotano in senso opposto. I due elettroni inoltre risultano intrecciati (interconnessi) ossia: se si agisce su uno anche l’altro ne risente simultaneamente. Ritengo che la simultaneità di interazione tra le due particelle sia dovuta alla  stazionarietà dell’orbitale, ossia che l’intreccio quantistico sia dovuto alla stazionarietà dell’onda a cui appartengono entrambi gli elettroni. I due elettroni intrecciati possono essere raffigurati come pacchetti d’onde aventi onde in comune.

Rappresentazione della particella come pacchetto d’onde stazionarie. Abbiamo visto che l’elettrone, come il fotone dentro la scatola, percorre orbite stazionarie con un numero intero n di onde o quanti h (ricordiamo la L = m*v*r =n*h). Consideriamo allora l’equazione di un’onda di lunghezza  λ in moto con velocità v:  A = sen(x/λ+ v*t/λ) (1). Osserviamo che la frequenza dell’onda: ν = (x/λ+ v*t/λ) = 1/λ*(x+ v*t) possiamo scomporla in una frequenza “spaziale”: νs= x e in una frequenza  “temporale”: νt= v*t dovuta al moto e che, inoltre,  lo spazio x e la velocità v  sono simmetrici. E’ possibile allora avere onde in moto con x (lunghezze d’onda)  e v  (velocità) diverse ma  stessa frequenza v. Ad  esempio le onde con: (x= 1, v= 2),  (x= 2, v= 1), (x= 2,5, v= 0,5) in un intervallo t= 1 hanno tutte frequenza = 3/λ.  Esse cioè hanno nel tempo t quanti h  uguali: h/Δt = cost  cioè stessa energia h*ν = E = cost. L’insieme di tali onde  di lunghezze diverse possono formare allora un pacchetto  d’onde  più o meno compatto: Ossia OndediMateriapiù le lunghezza d’onda λi (velocità vi) sono diverse (Δv grande) più il pacchetto è concentrato (Δx piccolo).

Il rallentamento dell’onda (luce) si verifica nella rifrazione. La luce passando da un mezzo ad un altro con indice di rifrazione maggiore rallenta la sua velocità da c a c’ in quanto diminuisce la sua lunghezza d’onda da λ a λ’. In tal modo la sua frequenza di oscillazione v rimane costante: v = c/λ = c’/λ’. La luce quindi, anche se varia la sua velocità , non varia il suo numero di quanti h nell’unità di tempo, né la sua l’energia E = h*v =cost.

Finora abbiamo supposto onde (fotoni) con velocità diverse. Adesso, se ad ogni onda (fotone) con velocità ci accoppiamo l’onda gemella con velocità opposta -ci   avremo l’onda stazionaria come sopra detto.  Sarebbe in tal modo possibile ipotizzare un pacchetto costituito da un insieme di onde stazionare tutte con la stessa energia ma con lunghezze d’onda e velocità diverse. Si può altresì ipotizzare che tali onde stazionarie di uguali energie abbiano una distribuzione normale (gaussiana) nelle due dimensioni spazio-velocità (x,v). Tale pacchetto descriverebbe il comportamento dell’elettrone e spiegherebbe il principio di indeterminazione Δx*Δmv = h. 

Si  è visto come l’Azione può essere ottenuta come il prodotto di coppie di grandezze fisiche: Energia * TempoQuantità di moto * Spazio, Momento angolare * Rotazione, … Tali coppie sono definite come  momenti coniugati e la relazione tra loro ha un profondo significato sul modo di interpretare la fisica:

  • Il prodotto tra le lagragiane qi (energia, quantità di moto, momento angolare, …) e i rispettivi momenti coniugati pi dà la grandezza  Azione;
  • Nei fenomeni fisici, l’azione deve essere minima;
  • L’energia è quantizzata;
  • L’azione non può essere inferiore al quanto h di Planck;
  • Un’onda di qualsiasi frequenza (ossia un’oscillazione singola) ha azione h;

Ritengo da ciò che in un esperimento fisico si possono/debbono misurare i quanti d’azione.

Riassumendo. Ritengo che la rappresentazione della particella come pacchetto di sole onde possa descrivere in modo adeguato il principio di indeterminazione e la complementarietà onda/corpuscolo. Con tale  rappresentazione della particella risulta evidente che: più è facile rilevare l’aspetto corpuscolare più è difficile rilevare l’aspetto ondulatorio della particella. Si fa rilevare che la condizione necessaria affinchè il pacchetto d’onde sia stabile è che le sue onde debbano muoversi con velocità vi inversamente proporzionali alle loro frequenze vi: vi = 1/vi, cioè che sia verificata la relazione ∆x*m∆v = h.

Interpretazione della diffrazione di un elettrone con due fenditure.  Nel caso della diffrazione con due fenditure l’elettrone singolo, essendo costituito da un pacchetto d’onde attraversa entrambi le fenditure e interferisce con sé stesso. Quando l’elettrone diffratto colpisce lo schermo può interagire con tale schermo solo per quantità unitarie di carica (nel caso di diffrazioni di fotoni per quantità unitarie di h), per cui si condensa/materializza come particella nel punto in cui è massima l’intensità dell’onda diffratta.

Osservando i punti in cui il fotone/elettrone interagisce con lo schermo, questi punti formano la figura di diffrazione. Il fotone/elettrone viene a colpire lo schermo come onda in fasi (tempi) sempre diverse. Più numerosi sono i fotoni/ elettroni, più sono le fasi dell’onda rappresentate, meglio viene rappresentata l’onda  e il suo aspetto ondulatorio con la figura di diffrazione.

Ritengo che il passaggio dall’onda alla particella  si possa paragonare ad un passaggio di stato da vapore (diffuso nello spazio) a liquido (concentrato in una  goccia).

Archivio personale di formule in Excel

formulario1.JPGCos’è Formulario

Formulario è un programma utilizzabile in tutti i file excel e contiene centinaia di formule di geometria, trigonometria, matematica, fisica, ecc.

Il programma è costituito dal file aggiuntivo formulario.xla e dal file formulario.xls che contiene le formule e che può essere integrato/modificato per consentire ad ogni utente di crearsi il proprio archivio di formule.

Installazione programma

-Scaricare con download il file aggiuntivo formulario.xla e salvarlo in una cartella a scelta;

-Scaricare con download il file formulario.xls e salvarlo nella cartella “C:\”.

Caricamento Programma

Da un file Excel aprire Componenti aggiuntivi di excel nella finestra che comparirà premere il tasto sfoglia e cercare il file aggiuntivo formulario.xla  nella cartella in cui è stato salvato e caricarlo, nella suddetta finestra apparirà il file aggiuntivo formulario che dovrà essere selezionato per caricarlo come componente aggiuntivo di Excel.

Adesso, quando si attiva questo componente aggiuntivo, si carica una barra strumenti con il tasto Formule.

Utilizzo formule

Selezionare una cella del foglio in cui scrivere la formula che verrà scelta, quindi con il tasto formule aprire la finestra di dialogo del formulario,  scegliere la formula che interessa e inserire i dati nella formula selezionando le celle del foglio. Ad esempio: Se si sceglie Area ellisse nel box di sinistra apparirà la descrizione “Area ellisse”, in quello di destra la formule “Area=π*a*b”, sotto viene riportata la descrizione “Ellisse di semiasse maggiore a e semiasse minore b”. Selezionare le celle del foglio in cui sono presenti i valori dei semiassi a e b.

Con calcola la formula viene riportata nella cella precedentemente selezionata prima di scegliere la formula.

Modifica programma

Per modificare il file formulario.xls si consiglia di lavorare su una sua copia, dargli il nome formulario.xls, quindi sostituirlo con quello originario sito nella cartella “C:\“.

Per approfondire leggi Guida_formulario.doc.

La Relatività senza paradossi

Premessa:

Le costanti elettrica ε e magnetica μ sono state definite per descrivere i campi  statici (in assenza di moto), prodotti da una carica elettrica da un magnete. Con cariche o magneti in moto Maxwell ha scoperto che l’onda elettromagnetica si propaga nello spazio con velocità costante (velocità della luce c) dipendente proprio da tali costanti ε e μ. 

(1)

Con gli esperimenti di Michelson e Morley, finalizzati alla ricerca dell’etere, si è scoperto la costanza/invarianza della  velocità della luce in percorsi di andata e ritorno, per qualunque velocità del sistema (interferometro).  Per poter spiegare  questo strano fenomeno  si è dovuto ipotizzare che il tempo e  lo spazio fossero deformabili con la velocità del sistema. Le Trasformazioni di Lorentz  (sulle quale si fonda La Teoria della Relatività) sono state ricavate ipotizzando altresì (2° postulato della RS) la costanza  della velocità della luce c lungo una sola direzione per tutti i sistemi di riferimento (ossia per qualsiasi velocità del sistema). Da tale ipotesi deriva il paradosso matematico c-v = c = c+v. Tale equazione non risulta valida in quanto la velocità c  ha un valore non infinito (300.000 km/s). Questa equazione, d’altra parte, non è mai stata dimostrata da nessun esperimento.

Gli esperimenti di Michelson e Morley dimostrano infatti : “La costanza della velocità della luce nel vuoto in un percorso di andata e ritorno in tutti i sistemi di riferimento“. Tale costanza della velocità della luce ci permette di ricavare una deformazione dello spazio – tempo  in funzione della velocità v che solo “nella forma” risulta uguale  alla deformazione di Lorentz. Nell’esempio di seguito tale invarianza ci permette di definire la deformazione dello spazio e del tempo, considerando la deformazione di una sfera in moto: “una sfera è realmente tale (qualunque sia la sua velocità)  se i raggi nel percorso dal centro alle pareti e ritorno impiegano lo stesso tempo”.

Consideriamo, quindi, due sfere di raggio unitario (rappresentanti 2 sistemi di riferimento), la prima  ferma rispetto ai raggi di luce l’altra in moto con velocità v=c/2. Per quanto detto, le 2 sfere sono effettivamente sfere se per ciascuna sfera i raggi di luce, partendo dal loro centri in direzioni diverse, dopo essere stati riflessi dalle pareti di tali sfere, ritornano ai centro contemporaneamente.

Si osserva dal filmato che: Nella sfera ferma i raggi di luce partono dal centro e ritornano al centro contemporaneamente dopo un tempo t= 1; Nella sfera in moto, invece, i raggi percorrono una traiettoria obliqua (per l’osservatore esterno) in un tempo t’ maggiore di t (dilatazione del tempo). Nel sistema in moto la luce impiega più tempo ossia rallenta. Inoltre nella direzione del moto, poiché la luce deve impiegare lo stesso tempo in tutte le direzioni, si ha una contrazione dello spazio. .

Il filmato spiega che, con la condizione di invarianza della velocità della luce in un percorso bidirezionale, in che modo il tempo si dilata e lo spazio si contrae. Inoltre da essa si rileva che i raggi arrivano alle pareti in tempi diversi, per cui eventi simultanei per l’osservatore esterno non lo sono per l’altro osservatore. Per la Relatività Speciale, l’osservatore solidale alla sfera in moto ritiene ferma la sua sfera e in moto l’altra, inoltre vede partire i raggi di luce dal centro della sua sfera e li vede ritornare tutti nello stesso istante.

 Calcoliamo la R.R. triangolodilatazione del tempo t’. Nella sfera in moto il raggio di luce che si muove in direzione y per l’osservatore S’, per l’osservatore S esterno si muove lungo la diagonale. Il tempo lungo la diagonale t’  è maggiore del tempo t lungo la verticale. La sfera infatti durante il tempo t’ si sposta di  v*t’ per cui possiamo considerare il triangolo rettangolo avente come cateti: il raggio lungo la verticale: r = c*t e lo spostamento: dx = v*t’, e come ipotenusa la diagonale c*t’. Dal teorema di Pitagora: c2*t2=c2*t’2-v2*t’2  quindi  la dilatazione: t’  = t/(1- v2/ c2)1/2    posto (1- v2/ c2)1/2 = γ       si ha           t’ = t / γ      (2)

Dalla  relazione c* t2 = c* t’2 – v* t’2    si osserva che la grandezza spazio tempo d2 = c* t2  non varia con la velocità v, essa è cioè un’invariante e può essere scritta: d = c* t’2 – dx’ =  cost.      

Calcoliamo la contrazione dello spazio x’.    Consideriamo  il raggio di luce nella direzione x. Se la parete va incontro al raggio esso impiega un tempo  t’ = r/(c+v),  mentre se la parete si allontana il raggio impiega un tempo  t” = r/(c-v) .   Il tempo totale di andata e ritorno risulta:        t’+t’’ = r/(c+v)+r/(c-v) =  r(c+v +c-v) / (c2-v2)  = 2rc/(c2-v2)  =  2r/c/(1- v2/c2)       →       tx = r/c/(1- v2/c2)  = t /(1- v2/c2)      →      tx =  t / γ2     tale tempo tx  risulta più lungo  del tempo dilatato  t’ = tx / γ di un fattore 1/γ.  Poiché deve essere verificata la condizione della  costanza della velocità della luce in tutte le direzioni, tale maggior tempo viene compensato (dalla natura)  con la contrazione  γ dello spazio lungo la direzione del moto, ossia  Lx = L* γ  (3).

In definitiva: si ha una contrazione dello spazio nella direzione del moto in quanto la velocità c della luce, nel suo percorso di andata e ritorno, rimane costante in tutte le direzioni.

Ipotizzando che la materia (con le sue particelle) interagisca alla velocità della luce, si possono ritenere reali la dilatazione del tempo e la contrazione dello spazio. 

ll tempo e lo spazio. Con la suddetta condizione si può dedurre che la materia (con le sue particelle)  interagisca alla velocità della luce nelle due direzioni (di andata e ritorno). Lo scorrere del tempo  per le particelle può identificarsi come la velocità di interazione  (mediante campi potenziali)  tra essi. Tale interazione avviene mediante i campi (di forza) che viaggiano alla velocità della luce in uno spazio a 3 dimensioni. Con tale condizione, inoltre, lo spazio-tempo a 4 dimensioni non esiste. D’altra parte le forze dovrebbero avere una distribuzione nello spazio secondo una legge 1/r³,  che contrasterebbe con l’equazione di continuità dei campi. Vedi a proposito l’articolo:  Vuoto, energia e materia. In definitiva il corpo con la sua velocità modifica il proprio tempo e la propria forma per mezzo della luce, mentre il campo prodotto dal corpo modifica/rallenta la velocità della luce.

   Vedi  La luce come Sistema di Riferimento assoluto.

Calcolo della velocità assoluta

Premessa. La Teoria della Relatività Ristretta ipotizza la velocità della luce uguale per qualsiasi sistema di riferimento. Tale teoria, pertanto, esclude l’esistenza di un sistema di riferimento assoluto. Con la scoperta della radiazione fossile di fondo (RFF) risalente agli anni ’60, tuttavia, si può ipotizzare l’esistenza di un sistema di riferimento assoluto a cui riferire tutti gli altri sistemi. Chiamiamo questo sistema con la sigla S0. In tale sistema non si registrerebbe allora alcun effetto Doppler per la radiazione suddetta.  Si richiama l’articolo di Arrigo Amadori: Un sistema di riferimento “assoluto”.

E’ possibile ideare un esperimento che calcoli la velocità di un sistema rispetto a un sistema di riferimento assoluto?   Nell’esperimento di Michelson-Morley poichè il sistema di riferimento è uno solo la Terra oltre ai raggi di luce, dobbiamo supporre che la velocità sia da riferirsi al sistema luce. Osserviamo che i due raggi  di luce compiono, dallo specchio semi-riflettente ai due specchi, percorsi di andata e ritorno nei due bracci posti a 90° tra loro. L’esperimento dimostra pertanto che il tempo totale (di andata e ritorno) impiegato dai due raggi è uguale, qualunque sia la velocità del sistema.   Si può supporre che i tempi  impiegati dai due raggi siano  uguali proprio perché fanno percorsi di andata e ritorno.  Consideriamo, allora, un esperimento che confronti i tempi impiegati dai due raggi in percorsi di solo andata o di solo ritorno.

ESPERIMENTO: Consideriamo il sistema asta solidale alla Terra, di centro B, estremi A e C e lunghezza 2L. Sincronizziamo due orologi di alta precisione nel centro B dell’asta, trasportandoli a bassa ed uguale velocità agli estremi A e C dell’asta, al fine di avere rallentamenti relativistici trascurabili degli orologi (e comunque uguali) rispetto al sistema asta. Quindi facciamo partire nello stesso istante dal centro B due raggi di luce uno verso A e l’altro verso C. I loro tempi di arrivo: tA e tC siano registrati dagli orologi posti in A e C. Se i tempi risultassero uguali tA = tC non sarà possibile determinare il movimento del sistema asta  rispetto alla luce.

Se invece  i tempi di arrivo  segnati dai due orologi risultassero diversi di Δt = tc – t (asta in moto da A verso C) si dovrà dedurre che il sistema asta  è in moto rispetto al sistema luce. In particolare, sebbene non si conoscano i tempi impiegati dai due raggi ma la loro differenza Δt, si   possono scrivere le seguenti relazioni :Riferim Assoluto

  • per il raggio da B ad A: c*ta+v*ta = L      →    ta = L /(c+v)       (5a)
  • per il raggio da B a C: c*tc – v*tc = L       →    tc = L /(c-v)       (5b)

Poichè  tc – ta = Δt    sottraendo membro a membro si ha :         Δt =  L*(1/(c-v) -1/(c+v)) =        2*v* L/(c²-v²)    (6)

Con la (6)  noto Δt, considerando L senza contrazione, è possibile calcolare in prima approssimazione la velocità v del sistema asta lungo la direzione AC dell’asta. Nota tale velocità si calcola la contrazione dell’asta L e ricalcolare con la (6) il tempo e quindi la velocità in seconda approssimazione e così via.    Per trovare la velocità complessiva occorrerà, inoltre, ripetere le misure lungo le altre due direzioni ortogonali alla direzione AC dell’asta. Occorre evidenziare che le misure dei tempi di arrivo dei raggi in A e C viene eseguita con due orologi (sincronizzati come sopra indicato) posti nello stesso sistema di riferimento asta.

Vedi da Wikipedia: Esperimenti per misurare la velocità della luce a senso unico   L’esperimento di The Greaves, Rodriguez e Ruiz-Camacho.

Supponendo che la Terra (ruotando attorno al Sole, che a sua volta ruota attorno al centro della galassia …) abbia una velocità v = 3 km/s, posto L = 1.000 km. dalla (6),  si ricava una differenza di tempo Δt = 2*3* 1/(9×10^16)  = 6/9* 10^-12 secondi. Mentre se si ha un  Δt  = 10^-10  dalla  (6) si  può ricavare con buona approssimazione  una velocità  v  =  Δt*c² / 2*L =  10^-12* 9*10^18/2.000 = 4.500 m/s. Gli orologi atomici al cesio che hanno una precisione dell’ordine di 10^-16 sarebbero in grado di rilevare tale differenza di tempo.

Si può  allora supporre che la suddetta velocità v  sia da riferire al sistema di riferimento S0  della radiazione di fondo, che potremo considerare il sistema di riferimento assoluto.

Principio di Minima Azione: padre di tutti i principi …

Il Principio di Minima Azione (che indicheremo in seguito con PMA) sebbene sia poco conosciuto dai più, può considerarsi il padre di tutti i principi. Esso fu introdotto per primo da Maupertuis nel 1744.  Era già noto il principio di Fermat (1661 – 1665), che: un raggio di luce per andare da un punto a un altro, tra tutti i cammini possibili, percorrere il cammino che richiede il tempo più breve. Il percorso di un raggio di luce che attraversa due mezzi a velocità diverse può essere rappresentato con l’esempio del problema del bagnino. Un bagnino posto sulla battigia deve soccorrere un bagnante in mare. Sapendo che il bagnino si muove sulla spiaggia con velocità maggiore che nell’acqua, si vuole determinare qual’è il percorso con il minor tempo per raggiungere il bagnante.

Partendo dal percorso della luce Maupertuis ipotizzò che anche un corpo soggetto a forze segue il percorso più economico ossia di minima azione, definendo con azione la quantità  S = m*v*s [massa*velocità*spazio] su tutto il percorso. Essa verrà espressa meglio da Eulero come: S = F*s*t [forza*spazio*tempo]. Il principio di minima azione può esprimersi quindi: S = ∫F*s*dt = minimo.   A differenza della legge di Newton, che permette di calcolare la traiettoria punto per punto, il PMA permette di trovare la sola traiettoria reale tra le tante possibili. In effetti, tale principio, contiene la legge di Newton. Nel 1788 Lagrange utilizzò tale principio, per un sistema conservativo, mediante l’energia totale L del sistema. Successivamente, più in generale, Hamilton utilizzò l’energia totale H per un sistema qualunque e mostrò che le equazioni del moto si possono derivare dalla condizione di stazionarietà dell’azione (punti di minimo, massimo, flesso).

Fisica Newtoniana: Consideriamo un corpo P di massa m in moto, se vogliamo sapere la sua posizione nel tempo t dobbiamo conoscere: la sua posizione iniziale xio e velocità iniziale vio  (con i= x,y,z), nonché come varia la forza in ogni istante: Fi(t).              dalla 2° legge della dinamica:     F(t) = m*a(t)     si ricava    a(t) = F(t)/m      (1)    Nota l’accelerazione a(t) si ricava la velocità dopo un istante dt :    dv = a(t)*dt    (2),   la posizione del corpo:  s(to+dt) = so + vo*dt + ½*dv*dt    (3)    e  la velocità: v= vo+ dv. E’ possibile, in tal modo, definire in ogni istante t la dinamica del corpo.  lagrangiana.pdf La posizione e la velocità (x, v) del moto sono dette proprietà locali del moto. Il prodotto cartesiano     F = R³xR³, delle coppie di ordinate: posizione e velocità (x, v), viene chiamato spazio degli stati o delle fasi.       La lunghezza della traiettoria, la variazione di energia o la variazione della quantità di moto su tutto il percorso, sono considerate, invece, proprietà globali scalari (scalari in quanto definibili con un numero).

Fisica Lagrangiana. Utilizzando la proprietà  globale energia del sistema la formulazione di Lagrange permette di definire la dinamica del moto. Calcoliamo allora tale grandezza su tutto il percorso.             Ad esempio:

  • se la forza F dipende dalla posizione la si può integrare per tutto il percorso     -V = ∫F(x) *dx , tale grandezza viene chiamata energia potenziale;
  • se la forza F dipende dal tempo la si può integrare per il percorso x espresso in funzione del tempo (x = v*t):  T = ∫F(t)*v *dt  e viene chiamata energia cinetica.

Troviamo quindi  l’energia totale E del sistema  somma dell’energia cinetica T = ½ m*v2 e dell’energia potenziale V. Pertanto   E(x,t) = ½ m*v2  – V .    Se si deriva  tale energia rispetto al tempo si ha:      dE/dt   =  ½ m*d(v2)/dt – δV/δx*δx/δt   =   mv*a – F*v      →     dE/dt   = (m*a-F)*v    (4)

e per  la  2° legge di Newton (m*a – F = 0)    →     dE/dt = 0   Tale L’equazione esprime anche la conservazione dell’energia nel tempo.

Coordinate lagrangiane. Poichè nel formalismo di Lagrange interessa l’energia totale E del sistema, invece delle coordinate cartesiane (x,y,z), vengono utilizzate le coordinate lagrangiane qi, cioè le coordinate libere che tengono conto dei vincoli, mentre si tralasciano le coordinate con spostamento-lavoro nullo.                Esempi: Se il punto materiale è vincolato a muoversi sulla superficie di una sfera di raggio R, come coordinate di Lagrange qi si considerano le coordinate polari (gli angoli) θ e φ che definiscono la latitudine e la longitudine del punto sulla superficie, mentre non viene considerata lo spostamento ortogonale alla superficie in quanto in tale direzione, lo spostamento è nullo così come il lavoro. Se il punto è vincolato, invece, lungo una curva, come coordinata lagrangiana q si considera la coordinata lunghezza della curva.   Equazione di Lagrange Le coordinate q costituiscono quindi i gradi di libertà del sistema e possono avere le dimensioni di una lunghezza, di un angolo, …                        Di conseguenza le velocità  lagrangiane q’ = dq/dt  non hanno sempre le dimensioni di una velocità [m/s].    L’energia totale L funzione di dette variabili è detta lagrangianaL=L(q,q’,t). Si trova che la  derivata  dE/dt = 0 (4)  in forma lagrangiana è:

d/dt( δL/δq’) – δL/δq = 0      (4a)

La (4a) è composta da n equazioni  ed è scritta in funzione delle n coordinate  lagrangiane qi, (con i = 1,2, … n).  Le coordinate qi definiscono lo spazio C detto spazio delle configurazioni. (sinonimo di  posizioni permesse dai vincoli). Si osserva che con la  δL/δq’ si trova la parte dell’energia totale dipendente dalle velocità lagrangiane q’ come l’energia cinetica, mentre d/dt( δL/δq’) indica la variazione di energia cinetica nel tempo. Con la δL/δq si trova la parte dell’energia totale dipendente dalle coordinate  posizioni  qi , come l’energia potenziale. La (4a) esprime cioè, in una forma diversa, la conservazione dell’energia totale (cinetica e potenziale) in un sistema.   L’equazione di minima azione          dS = F*s*dt = min.         concettualmente può spiegarsi con l’esempio di un grave (con velocità nulla) posto su una superficie inclinata. Il grave fa uno spostamento elementare s nella direzione in cui il tempo di spostamento dt è minimo (cioè nella direzione di massima pendenza).

Esempio: Calcoliamo la lagrangiana (4a) per un corpo in moto verticale con velocità v soggetto a gravità g.  Il sistema ha coordinata lagrangiana q = h e q’ = dh/dt = v per  cui:   energia cinetica T = 1/2mv2   ed energia potenziale V(h) = – mg*h.  L’energia totale è:         

 L = T+V = 1/2mv– mg*h        (5) 

da essa troviamo che : dL/dh = 0 – mg          mentre     δL/δv = 2(1/2*m)v -0 = mv   e     d( δL/δv)/dt = ma per cui la Lagrangiana (4a):  dL/dh – d(δL/δv)/dt  =  ma – mg = 0,  ossia si ritrova la 2° legge del moto F = m*a.  Si osserva che dalla grandezze scalare energia totale del sistema si ricavano le equazioni del moto vettoriali nelle coordinate lagrangiane qi. Consideriamo adesso l’energia totale del sistema  L per tutto il tempo t  del moto, cioè:       S = ∫L(q,q’,t)*dt       tale grandezza scalare è detta azione.          Essa costituisce la somma dell’energia totale L per il tempo del moto per cui è una grandezza globale.  Si dimostra che dalla condizione:  δS =  δ ∫L(q,q’,t)*dt = 0      (6)    si ricava il sistema di equazioni lagrangiane:  d/dt( δL/δq’) – δL/δq = 0   (4b).

Relatività Ristretta. Si fa rilevare che nella R.R. in sistemi di riferimento inerziali (in assenza di forze F = 0), lo spazio*tempo rimane costante: s’*t’ =  s*t. Infatti mentre lo spazio si contrae con la velocità lungo la direzione del moto il tempo si dilata: s’ = s*(1 – v2/c2)   e   t’ = t/(1 – v2/c2).  (Vedi Relatività Ristretta e Principio di Minima Azione)

  Se consideriamo adesso il PMA nella forma espressa da Eulero: S = F*s*t  [forza*spazio*tempo] e tenuto che F=0 in quanto sistemi di riferimento inerziali, l’azione S = F*s*t si riduce  solo allo spazio*tempo  s*t che, come visto sopra, risulta costante.  Possiamo ipotizzare che anche la relatività ristretta sia un caso particolare del PMA, o che almeno abbia un legame particolare.

Relatività Generale. In breve tale teoria nasce nel supporre che:

  • la massa gravitazionale e la massa inerziale siano la stessa cosa;
  • la gravità può essere sostituita localmente da una accelerazione;
  • la forza gravitazionale non si propaga istantaneamente ma alla velocità della luce.

Tenuto conto di quanto sopra: la R.G. sostituisce la forza gravitazionale F con la  curvatura dello spazio-tempo. Tale curvatura si propaga alla velocità della luce.            Se consideriamo adesso il PMA nella forma espressa da Eulero: S = F*s*t   [forza*spazio*tempo] non considerando la forza (gravitazionale) F. L’azione   S = F*s*t   si riduce  solo allo spazio*tempo  s*t e il moto avviene lungo linee geodetiche, che hanno (per definizione) lunghezza spazio-tempo minima. Sembra quindi che anche la R.G. , con le sue linee geodetiche, sia un caso particolare del PMA.

 

Riferimenti circolari e iterazioni con Excel

Introduzione  Si premette che per la realizzazione dei suddetti esempi è stato utilizzato un foglio di calcolo Excel. Quando una formula fa riferimento direttamente o indirettamente alla propria cella, si verifica un riferimento circolare e il calcolo non viene eseguito. E’ possibile, tuttavia, consentire il funzionamento di un riferimento circolare attivando la casella di controllo Iterazioni. In questo caso il calcolo viene eseguito utilizzando i risultati dell’iterazione precedente. Si mostrerà come tale procedura sia utilissima per risolvere, con pochissime formule, molti calcoli iterativi: integrazioni di funzioni, calcolo radici di equazioni, calcolo equazioni differenziali, ecc..

Impostazione  Consentiamo, quindi, il funzionamento di un riferimento circolare.          1. Scegliere Opzioni dal menu Strumenti, quindi scegliere la scheda Calcolo.                2. Selezionare la casella di controllo Iterazioni;                                                                3. Impostare Numero massimo=1;                                                                                    4. Impostare il calcolo su Manuale.                                                                                      In tal modo: Tasto F9 calcola le formule di tutte le cartelle di lavoro; Tasto MAIUSC+F9 calcola solo le formule del foglio di lavoro attivo.

Con tale impostazione possiamo, scrivere adesso formule con riferimenti circolari. Ad esempio: ponendo la cella [A22] “= [A22]+1”, ad ogni F9 la cella [A22] aumenta di 1.

Alcune regole Creazione di variabili e di funzioni Per potere utilizzare l’iterazione è necessario che almeno una cella ad ogni iterazione vari il suo valore. Se, ad esempio, poniamo [A22] “=A22+A21”, con [A21] “=0,1” la [A22] ad ogni F9 si incrementa di 0,1 in questo modo abbiamo creato la variabile [A22] .Se scriviamo, allora, nella cella [A23] una formula contenente la variabile [A22] abbiamo reso la cella [A23] funzione della variabile [A22]. Iterando, infatti, n volte con F9 vengono calcolati n valore della funzione. Condizioni iniziali Con la formula [A22] “=A22+A21” la variabile [A22] ad ogni iterazione si incrementa di A21. Per resettare la variabile e potere ripartire da zero, si può utilizzare una cella “test” e scrivere la formula con la condizione: [A22] “= SE(A21;A22+1;0)” (che significa: se la cella A21=”VERO” (ovvero diversa da zero) allora A22=A22+1 (incremento), se invece A21=”FALSO” (ovvero uguale a zero) allora A22=0 (azzeramento). Per fare iniziare la variabile x (cella A21) con un valore xo deve essere utilizzata un’altra cella in cui deve porsi la formula: “=A22+xo” (vedi applicazione).

Posizione delle celle Bisogna tenere presente che nell’iterazione i calcoli non vengono eseguiti contemporaneamente in tutte le celle, ma iniziano dalla cella in alto a sinistra e finiscono con la cella in basso a destra. Pertanto la variabile deve essere posta prima della funzione. La funzione y(x), per il suddetto motivo, rimane indietro rispetto alla variabile x di un incremento dx. Si può tenere conto di ciò indicando in altra cella il valore effettivo della variabile “=x-dx” (tale cella non potrà essere utilizzata in altre celle per i calcoli).

Numero Iterazioni Se per il calcolo si pone: Numero massimo = n, ad ogni F9 il programma esegue n iterazioni. Si può, pertanto, utilizzare questa impostazione quando non è necessario conoscere i valori intermedi ma solo il valore finale del calcolo.

Applicazione Vediamo ora di applicare l’iterazione al metodo delle differenze finite per la risoluzione delle equazioni differenziali. Consideriamo l’Eq. Diff. : y’ = y, con la condizione iniziali y0 = 1. Per il calcolo utilizziamo il metodo delle linee spezzate di Eulero, per cui la y’(t) = y, viene calcolata passo passo: y1 = yo + y’o * dt ; y2 = y1 + y’1 * dt; … (con dt = 0.01). Per prima cosa, creiamo la cella “variabile”, ponendo [F21] = SE(A21=1;F21+0,01;0), in tal modo la cella ad ogni F9 si incrementa di 0.01.        poniamo inoltre:

  •  [E22] = SE(A21=1;E22+F22;0);
  •  [F22] = SE(A21=1;E23*0,01;0);
  • [E23] = 1+E22 cioè:
  • la [E22] = Σ(y’i * dt) inizia da 0 e ad ogni iterazione si incrementa di [F22];
  • la [F22] = y’i * dt calcola l’incrementino [E23]*0,01;
  • la [E23] = yi aggiunge il valore iniziale yo = 1 a Σ(y’i * dt).

All’iterazione ennesima, pertanto, viene calcolato il valore yn. Ponendo (dt=0,01) si ottiene y(1)= 2.705, mentre per dt=0,001 y(1)= 2.717 (il valore esatto è EXP(1) = 2.718…). (Una migliore approssimazione si ottiene se si applica la formula di RungeKutta). Per risolvere, quindi, una generica Equazione Differenziale x’= f(x,t) con qualsiasi condizione iniziale xo, si può porre:

  • [A2] = 0.001 = dt incremento
  • [A4] =SE(B2;A4+A2;dt)= t variabile (incrementata di dt)
  • [B2] = Falso (0) , Vero (1) (nome “res”) “Falso” per azzerare; “Vero” per iterare [C2] =1 = x0 = valore iniziale;
  • [B6] =A4-A2 = t-dt valore effettivo di t (ritardato di un dt);
  • [C4] = C5+C8*dt = somma l’incremento corrente C8*dt a tutti gli incrementi precedenti C5;
  • [C5] = SE(B2;C4;0) cioè: se B2=1(vero) C5=C4 ;
  • se B2=0(falso) C5=0 ;
  • [C6] = C2+C5 somma a tutti gli incrementi C5=Σ(xi*dt) il valore iniziale C2=x0; [C8] = C6 = x

In questa cella viene scritta l’ Eq. Diff. (nel nostro caso x’ =x ) Nell’iterazione la [C8]  rimane indietro rispetto a t di una iterazione dt, pertanto si fa partire il tempo t in anticipo di dt cioè: [A4] = t = SE(B2;A4+A2; dt) Si noti che, per il calcolo di una generica E.D., devono essere cambiate solo le celle [C2] e [C8]. Le rimanenti 7 celle costituiscono la “struttura” del programma. Utilizzando altre celle è possibile calcolare contemporaneamente altre Eq.Diff.

Nella figura

con le celle [C1:E8] si possono calcolare 3 E.D. (ovvero un sistema di 3 E.D.) del 1° ordine, mentre, con le celle [C10:E23] si possono calcolare 3 E.D. (ovvero un sistema di 3 E.D.) del 2° ordine. Nella colonna F sono state riportate le espressioni che devono essere scritte nelle celle di colonna E. Scritte le formule nelle celle in una colonna basterà trascinarle nelle altre 2 colonne per trascriverle.

Conclusione

Con tale procedimento:

  •  E’ facile creare “programmi” senza alcuna riga di programmazione;
  •  I “programmi” in genere sono costituiti da pochissime celle;
  • Ogni “programma” può essere clonato copiando il range di celle;
  • Utilizzando le diverse funzioni logiche del foglio elettronico è possibile inserire nel “programma” svariate condizioni di calcolo;
  • E’ possibile eseguire contemporaneamente diversi tipi di calcoli;
  • E’ possibile fare interagire più “programmi” utilizzando le funzioni logiche del foglio di calcolo;
  • Se, durante l’iterazione, i valori calcolati vengono riportati in una tabella, essi potranno essere rappresentati in un grafico a “dispersione (xy)”.

Sono rimasto meravigliato ed entusiasta per la semplicità e potenza di calcolo di tale procedimento: con poche cellette e senza alcuna riga di programmazione ho potuto calcolare integrali, radici di equazioni, equazioni differenziali, e risolvere contemporaneamente diverse equazioni o sistemi di equazioni differenziali !!!

Ritengo che le potenzialità di tale procedimento siano ancora poco conosciute e che molti altri aspetti devono essere studiati, sperimentati, e sviluppati. E’ molto gradita, pertanto, la partecipazione degli utenti interessati alla creazione di nuovi “programmi ” e allo sviluppo di tale procedimento di calcolo. Molti altri problemi, infatti, possono essere studiati con il metodo iterativo: equazioni dinamiche discrete, equazioni di La Place, … che spero di trattare in un prossimo articolo. Alcuni files con il suddetto procedimento sono scaricabili dal sito.

 

La Medaglia Miracolosa

“Tutte le persone che porteranno questa Medaglia riceveranno grandi grazie, specialmente portandola al collo”
“Le grazie saranno più abbondanti per le persone che la porteranno con fiducia”.

Queste sono state le straordinarie parole pronunciate dalla Madonna in occasione delle sue manifestazioni a Santa Caterina Labouré, nel 1830.

SUPPLICA ALLA MADONNA DELLA MEDAGLIA MIRACOLOSA

Da recitarsi alle 17 del 27 novembre, festa della Medaglia Miracolosa, in ogni 27 del mese e in ogni urgente necessità.

O Vergine Immacolata, noi sappiamo che sempre ed ovunque sei disposta ad esaudire le preghiere dei tuoi figli esuli in questa valle di pianto, ma sappiamo pure che vi sono giorni ed ore in cui ti compiaci di spargere più abbondantemente i tesori delle tue grazie. Ebbene, o Maria, eccoci qui prostrati davanti a te, proprio in quello stesso giorno ed ora benedetta, da te prescelta per la manifestazione della tua Medaglia.
Noi veniamo a te, ripieni di immensa gratitudine ed illimitata fiducia, in quest’ora a te sì cara, per ringraziarti del gran dono che ci hai fatto dandoci la tua immagine, affinché fosse per noi attestato d’affetto e pegno di protezione. Noi dunque ti promettiamo che, secondo il tuo desiderio, la santa Medaglia sarà il segno della tua presenza presso di noi, sarà il nostro libro su cui impareremo a conoscere, seguendo il tuo consiglio, quanto ci hai amato e ciò che noi dobbiamo fare, perché non siano inutili tanti sacrifici tuoi e del tuo divin Figlio. Sì, il tuo Cuore trafitto, rappresentato sulla Medaglia, poggerà sempre sul nostro e lo farà palpitare all’unisono col tuo. Lo accenderà d’amore per Gesù e lo fortificherà per portar ogni giorno la propria croce dietro a Lui. Questa è l’ora tua, o Maria, l’ora della tua bontà inesauribile, della tua misericordia trionfante, l’ora in cui facesti sgorgare per mezzo della tua Medaglia, quel torrente di grazie e di prodigi che inondò la terra. Fai, o Madre, che quest’ora, che ti ricorda la dolce commozione del tuo Cuore, la quale ti spinse a venirci a visitare e a portarci il rimedio di tanti mali, fai che quest’ora sia anche l’ora nostra: l’ora della nostra sincera conversione, e l’ora del pieno esaudimento dei nostri voti.
Tu che hai promesso, proprio in quest’ora fortunata, che grandi sarebbero state le grazie per chi le avesse domandate con fiducia: volgi benigna i tuoi sguardi alle nostre suppliche. Noi confessiamo di non meritare le tue grazie, ma a chi ricorreremo, o Maria, se non a te, che sei la Madre nostra, nelle cui mani Dio ha posto tutte le sue grazie? Abbi dunque pietà di noi.
Te lo domandiamo per la tua Immacolata Concezione e per l’amore che ti spinse a darci la tua preziosa Medaglia. O Consolatrice degli afflitti, che già ti inteneristi sulle nostre miserie, guarda ai mali da cui siamo oppressi. Fai che la tua Medaglia sparga su di noi e su tutti i nostri cari i tuoi raggi benefici: guarisca i nostri ammalati, dia la pace alle nostre famiglie, ci scampi da ogni pericolo. Porti la tua Medaglia conforto a chi soffre, consolazione a chi piange, luce e forza a tutti.
Ma specialmente permetti, o Maria, che in quest’ora solenne ti domandiamo la conversione dei peccatori, particolarmente di quelli, che sono a noi più cari. Ricordati che anch’essi sono tuoi figli, che per essi hai sofferto, pregato e pianto. Salvali, o Rifugio dei peccatori, affinché dopo di averti tutti amata, invocata e servita sulla terra, possiamo venirti a ringraziare e lodare eternamente in Cielo. Cosi sia.  Salve Regina

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